Page 1769 - Giorgio Vasari
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lettera di sua mano addì 28 di settembre 1555:



               Messer  Giorgio  amico  caro.  Circa  la  scala  della  libreria,  di  che  m'è
               stato tanto parlato, crediate che se io mi potessi ricordare come io

               l'avevo  ordinata,  che  io  non  mi  farei  pregare.  Mi  torna  bene  nella
               mente come un sogno una certa scala, ma non credo che sia appunto
               quella  che  io  pensai  allora,  perché  mi  torna  cosa  goffa;  pure  la
               scriverò  qui,  cioè  che  i'  togliessi  una  quantità  di  scatole  aovate  di

               fondo  d'un  palmo  l'una,  ma  non  d'una  lunghezza  e  larghezza,  e  la
               maggiore e prima ponessi in sul pavimento, lontana dal muro dalla
               porta tanto quanto volete che la scala sia dolce o cruda; et un'altra
               ne mettessi sopra questa che fussi tanto minore per ogni verso, che

               in sulla prima di sotto avanzassi tanto piano, quanto vuole il piè per
               salire,  diminuendole  e  ritirandole  verso  la  porta  fra  l'una  e  l'altra,
               sempre per salire, e che la diminuzione dell'ultimo grado sia quant'è 'l
               vano della porta, e detta parte di scala aovata abbi come dua ale,

               una  di  qua  et  una  di  là,  che  vi  seguitino  i  medesimi  gradi  e  non
               aovati.  Di  queste  serva  il  mezzo  per  il  signore  dal  mezzo  in  su  di
               detta scala, e rivolte di dette alie ritornino al muro; dal mezzo in giù
               insino in sul pavimento si discostino con tutta la scala dal muro circa

               tre palmi, in modo che l'imbasamento del ricetto non sia occupato in
               luogo nessuno, e resti libera ogni faccia. Io scrivo cosa da ridere, ma
               so ben che voi troverete cosa al proposito.



               Scrisse ancora Michelagnolo in que' dì al Vasari che essendo morto
               Giulio Terzo, e creato Marcello, la setta gli era contro, per la nuova
               creazione di quel Pontefice cominciò di nuovo a travagliarlo; per il che

               sentendo  ciò  il  Duca,  e  dispiacendogli  questi  modi,  fece  scrivere  a
               Giorgio  e  dirli  che  doveva  partirsi  di  Roma  e  venirsene  a  stare  in
               Fiorenza,  dove  quel  Duca  non  desiderava  altro,  se  non  talvolta

               consigliarsi per le sue fabriche secondo i suoi disegni e che arebbe da
               quel signore tutto quello che e' desiderava, senza far niente di sua
               mano.  E  di  nuovo  gli  fu  per  Messer  Lionardo  Marinozzi  cameriere
               segreto del duca Cosimo portate lettere scritte da sua eccellenza e
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