Page 1750 - Giorgio Vasari
P. 1750

colori, i capricci e le nuove fantasie di certe minuzie e delicatezze,
               che  da  molti  altri  pittori  non  sono  interamente,  e  forse  non  senza
               qualche ragione, state neglette. Onde qualcuno non tanto fondato nel
               disegno  ha  cerco  con  la  varietà  di  tinte  et  ombre  di  colori  e  con
               bizzarre  varie  e  nuove  invenzioni,  et  insomma  con  questa  altra  via

               farsi luogo fra i primi maestri. Ma Michelagnolo stando saldo sempre
               nella profondità dell'arte, ha mostro a quegli che sanno assai [come]
               dovevano arrivare al perfetto.

               E per tornare alla storia, aveva già condotto Michelagnolo a fine più
               di tre quarti dell'opera, quando andando papa Paulo a vederla, perché

               Messer  Biagio  da  Cesena  maestro  delle  cerimonie  e  persona
               scrupolosa, che era in cappella col Papa, dimandato quel che gliene
               paressi, disse essere cosa disonestissima in un luogo tanto onorato
               avervi  fatto  tanti  ignudi  che  sì  disonestamente  mostrano  le  lor

               vergogne, e che non era opera da cappella di papa, ma da stufe e
               d'osterie. Dispiacendo questo a Michelagnolo e volendosi vendicare,
               subito  che  fu  partito  lo  ritrasse  di  naturale  senza  averlo  altrimenti
               innanzi, nello inferno nella figura di Minòs con una gran serpe avvolta

               alle  gambe  fra  un  monte  di  diavoli.  Né  bastò  il  raccomandarsi  di
               Messer Biagio al Papa et a Michelagnolo che lo levassi, che pure ve lo
               lassò per quella memoria, dove ancor si vede.

               Avenne in questo tempo che egli cascò di non poco alto dal tavolato
               di questa opera e fattosi male a una gamba, per lo dolore e per la
               còllora da nessuno non volle essere medicato. Per il che trovandosi

               allora  vivo  maestro  Baccio  Rontini  fiorentino,  amico  suo  e  medico
               capriccioso  e  di  quella  virtù  molto  affezionato,  venendogli
               compassione di lui gli andò un giorno a picchiare a casa, e non gli
               essendo  risposto  da'  vicini  né  da  lui,  per  alcune  vie  segrete  cercò

               tanto  di  salire,  che  a  Michelagnolo  di  stanza  in  stanza  pervenne,  il
               quale era disperato. Laonde maestro Baccio fin che egli guarito non
               fu, non lo volle abandonare già mai, né spicarsegli d'intorno. Egli di
               questo  male  guarito  e  ritornato  all'opera,  et  in  quella  di  continuo

               lavorando, in pochi mesi a ultima fine la ridusse dando tanta forza
               alle pitture di tal opera, che ha verificato il detto di Dante "Morti li
               morti, i vivi parean vivi". E quivi si conosce la miseria dei dannati e
   1745   1746   1747   1748   1749   1750   1751   1752   1753   1754   1755