Page 1741 - Giorgio Vasari
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pare che nel destarsi ella abbia trovato serrato gli occhi a quel gran
               Duca.  Onde  si  storce  con  amaritudine,  dolendosi  nella  sua
               continovata  bellezza  in  segno  del  gran  dolore.  E  che  potrò  io  dire
               della Notte, statua non rara, ma unica? Chi è quello che abbia per
               alcun secolo in tale arte veduto mai statue antiche o moderne così

               fatte? Conoscendosi non solo la quiete di chi dorme, ma il dolore e la
               malinconia  di  chi  perde  cosa  onorata  e  grande.  Credasi  pure  che
               questa  sia  quella  Notte  la  quale  oscuri  tutti  coloro  che  per  alcun

               tempo nella scultura e nel disegno pensavano, non dico di passarlo,
               ma  di  paragonarlo  già  mai.  Nella  qual  figura,  quella  sonnolenza  si
               scorge  che  nelle  imagini  adormentate  si  vede;  per  che  da  persone
               dottissime  furono  in  lode  sua  fatti  molti  versi  latini  e  rime  volgari
               come questi de' quali non si sa l'autore:



               La Notte, che tu vedi in sì dolci atti

               dormir, fu da uno Angelo scolpita

               in questo sasso; e perché dorme, ha vita.

               Destala, se non 'l credi, e parleratti.



               A' quali in persona della Notte rispose Michelagnolo così:


               Grato mi è il sonno, e più l'esser di sasso,

               mentre che il danno e la vergogna dura,

               non veder, non sentir, m'è gran ventura:

               però non mi destar, deh, parla basso.



               E certo se la inimicizia ch'è tra la fortuna e la virtù, e la bontà d'una e
               la invidia dell'altra avesse lasciato condurre tal cosa a fine, poteva
               mostrare  l'arte  alla  natura,  che  ella  di  gran  lunga  in  ogni  pensiero
               l'avanzava. Lavorando egli con sollecitudine e con amore grandissimo

               tali  opere,  crebbe,  che  pur  troppo  li  impedì  il  fine,  lo  assedio  di
               Fiorenza, l'anno 1529; il quale fu cagione che poco o nulla egli più vi
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