Page 1740 - Giorgio Vasari
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sollecitare quella fortificazione del monte, perché se 'l nemico se ne
fussi impadronito era perduta la città, e così con ogni sua diligenza
seguitava queste imprese. Et in questo tempo seguitò in detta
sagrestia l'opera; che di quella restarono parte finite e parte no sette
statue, nelle quali con le invenzioni dell'architettura delle sepolture è
forza confessare che egli abbia avanzato ogni uomo in queste tre
professioni. Di che ne rendono ancora testimonio quelle statue, che
da lui furono abozzate e finite di marmo che in tal luogo si veggono:
l'una è la Nostra Donna, la quale nella sua attitudine sedendo manda
la gamba ritta adosso alla manca con posar ginocchio sopra
ginocchio, et il Putto inforcando le cosce in su quella che è più alta, si
storce con attitudine bellissima in verso la madre chiedendo il latte,
et ella con tenerlo con una mano e con l'altra apogiandosi si piega
per dargliene. Ancora che non siano finite le parti sue, si conosce
nell'essere rimasta abozzata e gradinata nella imperfezione della
bozza la perfezzione dell'opera. Ma molto più fece stupire ciascuno
che considerando nel fare le sepolture del duca Giuliano e del duca
Lorenzo de' Medici egli pensassi che non solo la terra fussi per la
grandezza loro bastante a dar loro onorata sepoltura, ma volse che
tutte le parti del mondo vi fossero, e che gli mettessero in mezzo e
coprissero il lor sepolcro quattro statue: a uno pose la Notte et il
Giorno, a l'altro l'Aurora et il Crepuscolo; le quali statue sono con
bellissime forme di attitudini et artificio di muscoli lavorate, bastanti,
se l'arte perduta fosse, a ritornarla nella pristina luce. Vi son fra l'altre
statue que' due capitani armati, l'uno il pensoso duca Lorenzo, nel
sembiante della saviezza con bellissime gambe talmente fatte che
occhio non può veder meglio, l'altro è il duca Giuliano sì fiero con una
testa e gola con incassatura di occhi, profilo di naso, sfenditura di
bocca e capegli sì divini, mani, braccia, ginocchia e piedi; et insomma
tutto quello che quivi fece è da fare che gli occhi né stancare né
saziare vi si possono già mai. Veramente chi risguarda la bellezza de'
calzari e della corazza, celeste lo crede e non mortale. Ma che dirò io
della Aurora femina ignuda e da fare uscire il maninconico dell'animo
e smarrire lo stile alla scultura? Nella quale attitudine si conosce il
suo sollecito levarsi sonnacchiosa, svilupparsi dalle piume, perché