Page 1716 - Giorgio Vasari
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detto gonfalonieri un Davit di bronzo bellissimo, il quale egli mandò
in Francia; et ancora in questo tempo abbozzò e non finì due tondi di
marmo, uno a Taddeo Taddei, oggi in casa sua, et a Bartolomeo Pitti
ne cominciò un altro, il quale da fra' Miniato Pitti di Monte Oliveto,
intendente e raro nella cosmografia et in molte scienzie e
particolarmente nella pittura, fu donata a Luigi Guicciardini che gl'era
grande amico; le quali opere furono tenute egregie e mirabili. Et in
questo tempo ancora abbozzò una statua di marmo di San Matteo
nell'Opera di Santa Maria del Fiore, la quale statua così abbozzata
mostra la sua perfezzione et insegna agli scultori in che maniera si
cavano le figure de' marmi senza che venghino storpiate, per potere
sempre guadagnare col giudizio levando del marmo et avervi da
potersi ritrarre e mutare qualcosa, come accade se bisognassi. Fece
ancora di bronzo una Nostra Donna in un tondo che lo gettò di bronzo
a requisizione di certi mercatanti fiandresi de' Moscheroni, persone
nobilissime ne' paesi loro, che pagatogli scudi cento la mandassero in
Fiandra.
Venne volontà ad Agnolo Doni, cittadino fiorentino amico suo, sì
come quello che molto si dilettava aver cose belle così d'antichi come
di moderni artefici, d'avere alcuna cosa di Michelagnolo; per che gli
cominciò un tondo di pittura, dentrovi una Nostra Donna, la quale
inginochiata con amendua le gambe, ha in sulle braccia un putto e
porgelo a Giuseppo che lo riceve; dove Michelagnolo fa conoscere
nello svoltare della testa della madre di Cristo e nel tenere gli occhi
fissi nella somma bellezza del figliuolo, la maravigliosa sua
contentezza e lo affetto del farne parte a quel santissimo vecchio, il
quale con pari amore, tenerezza e reverenza lo piglia, come
benissimo si scorge nel volto suo senza molto considerarlo. Né
bastando questo a Michelagnolo, per mostrare maggiormente l'arte
sua essere grandissima, fece nel campo di questa opera molti ignudi
appoggiati, ritti et a sedere, e con tanta diligenza e pulitezza lavorò
questa opera che certamente delle sue pitture in tavola, ancora che
poche sieno, è tenuta la più finita e la più bella opera che si truovi.
Finita che ella fu, la mandò a casa Agnolo, coperta, per un mandato
insieme con una polizza, e chiedeva settanta ducati per suo