Page 171 - Giorgio Vasari
P. 171

monaci  fusse  giorno  e  notte  pregato  per  l'anime  loro.  Nella  qual

               fabrica restò in modo sodisfatto il re Carlo dell'opera di Nicola, che
               l'onorò e premiò grandemente.

               Da  Napoli  tornando  in  Toscana  si  fermò  Nicola  alla  fabbrica  di  S.
               Maria d'Orvieto, e lavorandovi in compagnia d'alcuni tedeschi, vi fece
               di marmo per la facciata dinanzi di quella chiesa alcune figure tonde,

               e  particolarmente  due  storie  del  Giudizio  Universale,  et  in  esse  il
               Paradiso  e  l'Inferno.  E  sì  come  si  forzò  di  fare  nel  Paradiso,  della
               maggior bellezza che seppe, l'anime de' beati ne' loro corpi ritornate,
               così  nell'Inferno  fece  le  più  strane  forme  di  diavoli  che  si  possino

               vedere, intentissime al tormentar l'anime dannate. Nella quale opera
               non  che  i  tedeschi  che  quivi  lavoravano,  ma  superò  se  stesso  con
               molta  sua  lode.  E  perché  vi  fece  gran  numero  di  figure,  e  vi  durò
               molta fatica, è stato, non che altro, lodato insino a' tempi nostri da

               chi non ha avuto più giudicio che tanto nella scultura.
               Ebbe fra gli altri Nicola un figliuolo chiamato Giovanni, il quale perché

               seguitò sempre il padre e sotto la disciplina di lui attese alla scultura
               et all'architettura, in pochi anni divenne non solo eguale al padre, ma
               in alcuna cosa superiore; onde, essendo già vecchio Nicola, si ritirò in
               Pisa,  e  lì  vivendo  quietamente,  lasciava  d'ogni  cosa  il  governo  al

               figliuolo.  Essendo  dunque  morto  in  Perugia  papa  Urbano  Quarto  fu
               mandato  per  Giovanni,  il  quale  andato  là  fece  la  sepoltura  di  quel
               Pontefice, di marmo, la quale insieme con quella di papa Martino IIII
               fu  poi  gettata  per  terra,  quando  i  Perugini  aggrandirono  il  loro

               Vescovado,  di  modo  che  se  ne  veggiono  solamente  alcune  reliquie
               sparse per la chiesa.

               E  avendo  nel  medesimo  tempo  i  Perugini  dal  monte  di  Pacciano,
               lontano due miglia dalla città, condotto per canali di piombo un'acqua
               grossissima, mediante l'ingegno et industria d'un frate de' Silvestrini,

               fu dato a far a Giovanni Pisano tutti gli ornamenti della fonte, così di
               bronzo come di marmi, onde egli vi mise mano; fece tre ordini di vasi,
               due di marmo et uno di bronzo: il primo è posto sopra dodici gradi di
               scalee a dodici facce, l'altro sopra alcune colonne che posano in sul

               piano del primo vaso, cioè nel mezzo, et il terzo che è di bronzo, posa
               sopra  tre  figure  et  ha  nel  mezzo  alcuni  grifoni  pur  di  bronzo  che
   166   167   168   169   170   171   172   173   174   175   176