Page 1700 - Giorgio Vasari
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QUI  NIHIL  AGERE  VIDENTUR,  e  sotto  l'ultima:  QUI  AGIT  PLURIMA,
               PLURIMUM  PECCAT.  E  per  dirlo  brevemente,  è  questa  stanza
               ornatissima di belle figure e ricchissima anch'ella di stucchi e d'oro.

               Ma  tornando  al  Vignuola,  quanto  egli  sia  eccellente  nelle  cose
               d'architettura,  l'opere  sue  stesse  che  ha  scritte  e  publicate,  e  va
               tuttavia scrivendo, oltre le fabriche maravigliose ne fanno pienissima

               fede,  e  noi  nella  vita  di  Michelagnolo  ne  diremo  a  quel  proposito
               quanto occorrerà. Taddeo, oltre alle dette cose, ne fece molte altre
               delle quali non accade far menzione, ma in particolare una cappella
               nella chiesa degl'orefici in strada Giulia, una facciata di chiaro scuro

               da S. Ieronimo e la cappella dell'altare maggiore in Santa Sabina; e
               Federigo suo fratello, dove in S. Lorenzo in Damaso è la cappella di
               quel  Santo  tutta  lavorata  di  stucco,  fa  nella  tavola  San  Lorenzo  in
               sulla graticola et il Paradiso aperto, la quale tavola si aspetta debba

               riuscire opera bellissima. E per non lasciare indietro alcuna cosa, la
               quale  essere  possa  di  utile,  piacere  o  giovamento  a  chi  leggerà
               questa  nostra  fatica,  alle  cose  dette  aggiugnerò  ancora  questa:
               mentre Taddeo lavorava, come s'è detto, nella vigna di papa Giulio, e

               la  facciata  di  Matiolo  delle  Poste,  fece  a  monsignore  Innocenzio,
               illustrissimo  e  reverendissimo  cardinale  di  Monte,  due  quadretti  di
               pittura,  non  molto  grandi;  uno  de'  quali  che  è  assai  bello  (avendo
               l'altro donato) è oggi nella salvaroba di detto cardinale in compagnia

               d'una infinità di cose antiche e moderne, veramente rarissime, in fra
               le quali non tacerò che è un quadro di pittura capricciosissimo quanto
               altra  cosa  di  cui  si  sia  fatto  infin  qui  menzione.  In  questo  quadro,
               dico,  che  è  alto  circa  due  braccia  e  mezzo,  non  si  vede,  da  chi  lo

               guarda in prospettiva et alla sua veduta ordinaria, altro che alcune
               lettere in campo incarnato, e nel mezzo la luna, che secondo le righe
               dello  scritto  va  di  mano  in  mano  crescendo  e  diminuendo,  e
               nondimeno, andando sotto il quadro e guardando in una sfera, o vero

               specchio,  che  sta  sopra  il  quadro  a  uso  d'un  picciol  baldacchino,  si
               vede  di  pittura  e  naturalissimo  in  detto  specchio,  che  lo  riceve  dal
               quadro, il ritratto del re Enrico Secondo di Francia, alquanto maggiore
               del naturale, con queste lettere intorno: HENRY II ROY DE FRANCE. Il

               medesimo  ritratto  si  vede,  calando  il  quadro  abbasso  e  posta  la
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