Page 1671 - Giorgio Vasari
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cardinale  dugento  scudi  l'anno  di  provisione;  per  lo  che  Taddeo

               avendo così onorato trattenimento e l'appoggio di tanto signore, si
               risolvé a posare l'animo et a non volere più pigliare per Roma, come
               insino  allora  aveva  fatto,  ogni  basso  lavoro,  e  massimamente  per
               fuggire il biasimo che gli davano molti dell'arte, dicendo che con certa

               sua avara rapacità pigliava ogni lavoro per guadagnare con le braccia
               d'altri quello ch'a molti sarebbe stato onesto trattenimento da potere
               studiare, come aveva fatto egli nella sua prima giovanezza. Dal quale

               biasimo  si  difendeva  Taddeo  con  dire  che  lo  faceva  per  rispetto  di
               Federigo e di quell'altro suo fratello, che aveva alle spalle e voleva
               che con l'aiuto suo imparasseno.

               Risolutosi  dunque  a  servire  Farnese  et  a  finire  la  capella  di  San
               Marcello, fece dare da Messer Tizio da Spoleti, maestro di casa del
               detto cardinale, a dipignere a Federigo la facciata d'una sua casa, che

               aveva in sulla piazza della Dogana, vicina a Santo Eustachio, al quale
               Federigo fu ciò carissimo, perciò che non aveva mai altra cosa tanto
               desiderato quanto d'avere alcun lavoro sopra di sé. Fece dunque di
               colori in una facciata la storia di Santo Eustachio quando si battezza

               insieme  con  la  moglie  e  con  i  figliuoli,  che  fu  molto  buon'opera,  e
               nella facciata di mezzo fece il medesimo Santo, che cacciando vede
               fra  le  corna  d'un  cervio  Iesù  Cristo  crucifisso.  Ma  perché  Federigo
               quando  fece  quest'opera  non  aveva  più  che  ventotto  anni,  Taddeo,

               che  pure  considerava  quell'opera  essere  in  luogo  publico  e  che
               importava molto all'onore di Federigo, non solo andava alcuna volta a
               vederlo  lavorare,  ma  anco  talora  voleva  alcuna  cosa  ritoccare  e
               racconciare.  Per  che  Federigo,  avendo  un  pezzo  avuto  pacienza,

               finalmente traportato una volta dalla collera, come quegli che arebbe
               voluto fare da sé, prese la martellina e gittò in terra non so che, che
               aveva fatto Taddeo, e per isdegno stette alcuni giorni che non tornò a
               casa. La qual cosa intendendo gl'amici dell'uno e dell'altro, fecciono

               tanto,  che  si  rapattumarono  con  questo,  che  Taddeo  potesse
               correggere e mettere mano nei disegni e cartoni di Federigo a suo
               piacimento, ma non mai nell'opere che facesse, o a fresco, o a olio, o
               in altro modo. Avendo dunque finita Federigo l'opera di detta casa,

               ella  gli  fu  universalmente  lodata  e  gl'acquistò  nome  di  valente
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