Page 1662 - Giorgio Vasari
P. 1662

VITA DI TADDEO ZUCCHERO PITTORE DA SANT'AGNOLO IN
               VADO



               Esendo  duca  d'Urbino  Francesco  Maria,  nacque  nella  terra  di  Santo
               Agnolo  in  Vado,  luogo  di  quello  stato,  l'anno  1529  a  dì  primo  di
               settembre ad Ottaviano Zucchero pittore un figliuol maschio, al quale

               pose  nome  Taddeo,  il  qual  putto  avendo  di  dieci  anni  imparato  a
               leggere  e  scrivere  ragionevolmente,  se  lo  tirò  il  padre  appresso  e
               gl'insegnò alquanto a disegnare. Ma veggendo Ottaviano quello suo
               figliuolo  aver  bellissimo  ingegno  e  potere  divenire  altr'uomo  nella

               pittura, che a lui non pareva essere, lo mise a stare con Pompeo da
               Fano,  suo  amicissimo  e  pittore  ordinario;  l'opere  del  quale  non
               piacendo a Taddeo e parimente i costumi, se ne tornò a Sant'Agnolo,
               quivi  et  altrove  aiutando  al  padre  quanto  poteva  e  sapeva.

               Finalmente, essendo cresciuto Taddeo d'anni e di giudizio, veduto non
               potere molto acquistare sotto la disciplina del padre, carico di sette
               figliuoli  maschi  et  una  femina,  et  anco  non  essergli  col  suo  poco
               sapere d'aiuto più che tanto, tutto solo se n'andò di quattordici anni a

               Roma,  dove  a  principio,  non  essendo  conosciuto  da  niuno  e  niuno
               conoscendo, patì qualche disagio. E se pure alcuno vi conosceva, vi fu
               da loro peggio trattato che dagl'altri, per che accostatosi a Francesco
               cognominato  di  Sant'Agnolo,  il  quale  lavorava  di  grottesche  con

               Perino  del  Vaga  a  giornate,  se  gli  raccomandò  con  ogni  umiltà,
               pregandolo che volesse, come parente che gl'era, aiutarlo; ma non gli
               venne  fatto,  perciò  che  Francesco,  come  molte  volte  fanno  certi
               parenti, non pure non l'aiutò, né di fatti, né di parole, ma lo riprese e

               ributtò  agramente.  Ma  non  per  tanto  non  si  perdendo  d'animo,  il
               povero giovinetto senza sgomentarsi si andò molti mesi trattenendo
               per  Roma,  o  per  meglio  dire  stentando,  con  macinare  colori  ora  in
               questa et ora in quell'altra bottega, per piccol prezzo, e talora, come

               poteva  il  meglio,  alcuna  cosa  disegnando.  E  se  bene  in  ultimo  si
               acconciò  per  garzone  con  un  Giovampiero  calavrese,  non  vi  fece
               molto frutto, perciò che colui, insieme con una sua moglie, fastidiosa
   1657   1658   1659   1660   1661   1662   1663   1664   1665   1666   1667