Page 1637 - Giorgio Vasari
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Zucchero da Sant'Agnolo, come si dirà a suo luogo. Diede proporzione
e fine alla capella del Popolo, che già fra' Bastiano Viniziano aveva
cominciata per Agostino Chigii, che non essendo finita, Francesco la
finì, come s'è ragionato in fra' Bastiano nella vita sua. Al cardinale
Riccio da Monte Pulciano dipinse nel suo palazzo di strada Giulia una
bellissima sala, dove fece a fresco in più quadri molte storie di Davit,
e fra l'altre una Bersabè in un bagno che si lava con molte altre
femine, mentre Davit la sta a vedere: è una storia molto ben
composta, graziosa e tanto piena d'invenzione, quanto altra che si
possa vedere. In un altro quadro è la morte d'Uria, in uno l'arca a cui
vanno molti suoni inanzi, et insomma dopo alcune altre una battaglia
che fa Davit con i suoi nimici, molto ben composta; e per dirlo
brevemente, l'opera di questa sala è tutta piena di grazia, di
bellissime fantasie e di molte capricciose et ingegnose invenzioni. Lo
spartimento è fatto con molte considerazioni et il colorito è
vaghissimo, e per dire il vero, sentendosi Francesco gagliardo e
copioso d'invenzione et avendo la mano ubbidiente all'ingegno,
arebbe voluto sempre avere opere grandi e straordinarie alle mani. E
non per altro fu strano nel conversare con gli amici, se non perché
essendo vario et in certe cose poco stabile, quello che oggi gli
piaceva, domani aveva in odio, e fece pochi lavori d'importanza che
non avesse in ultimo a contendere del prezzo; per le quali cose era
fuggito da molti.
Dopo queste opere, avendo Andrea Tassini a mandar un pittore al re
di Francia, et avendo l'anno 1554 in vano ricercato Giorgio Vasari, che
rispose non volere, per qual si voglia gran provisione o promesse o
speranza, partirsi dal servizio del duca Cosimo suo signore, convenne
finalmente con Francesco e lo condusse in Francia, con obligare di
satisfarlo in Roma, non lo satisfacendo in Francia. Ma prima che esso
Francesco partisse di Roma, come quello che pensò non avervi mai
più a ritornare, vendé la casa, le masserizie et ogni altra cosa,
eccetto gli ufficii che aveva. Ma la cosa non riuscì come si aveva
promesso, perciò che arrivato a Parigi, dove da Messer Francesco
Primaticcio abbate di San Martino e pittore et architetto del Re fu
ricevuto benignamente e con molte cortesie, fu subito conosciuto per