Page 1611 - Giorgio Vasari
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del signor Agnolo Borsa, fece in marmo di basso rilievo una storia,
               che  fu  tenuta  bella  e  condotta  con  molta  diligenza;  fece  anco
               condurre, per lo muro di Santo Agnolo, acqua per una fontana e vi
               fece  di  sua  mano  un  putto  di  marmo  grande  che  versa  in  un  vaso
               molto adorno e benissimo accomodato, che fu tenuta bell'opera, et al

               muro  della  Vergine  fece  un'altra  fontana,  con  una  Vergine  di  sua
               mano che versa acqua in un pilo; e per quella che è posta al palazzo
               del  signor  don  Filippo  Laroca,  fece  un  putto  maggiore  del  naturale

               d'una certa pietra che s'usa in Messina, il qual putto, che è in mezzo a
               certi mostri et altre cose marittime, getta acqua in un vaso. Fece di
               marmo una statua di quattro braccia, cioè una Santa Caterina martire
               molto  bella,  la  quale  fu  mandata  a  Tarumezia,  luogo  lontano  da
               Messina 24 miglia.

               Furono amici di fra' Giovann'Agnolo, mentre stette in Messina, il detto

               signor don Filippo Laroca e don Francesco della medesima famiglia,
               Messer Bardo Corsi, Giovanfrancesco Scali e Messer Lorenzo Borghini,
               tutti tre gentiluomini fiorentini allora in Messina, Serafino da Fermo et
               il signor gran mastro di Rodi che più volte fece opera di tirarlo a Malta

               e farlo cavalieri, ma egli rispose non volere confinarsi in quell'isola,
               senza  che  pur  alcuna  volta,  conoscendo  che  faceva  male  a  stare
               senza l'abito della sua Religione, pensava di tornare. E nel vero so io
               che  quando  bene  non  fusse  stato  in  un  certo  modo  forzato,  era

               risoluto  ripigliarlo  e  tornare  a  vivere  da  buono  religioso.  Quando
               adunque  al  tempo  di  papa  Paulo  Quarto,  l'anno  1557  furono  tutti
               gl'apostati o vero sfratati astretti a tornare alle loro Religioni sotto
               gravissime pene, fra' Giovann'Agnolo lasciò l'opere che avea fra mano

               et in suo luogo Martino suo creato, e da Messina del mese di maggio,
               se  ne  venne  a  Napoli  per  tornare  alla  sua  Religione  de'  Servi  in
               Fiorenza.  Ma  prima  che  altro  facesse,  per  darsi  a  Dio  interamente,
               andò  pensando  come  dovesse  i  suoi  molti  guadagni  dispensare

               convenevolmente;  e  così  dopo  avere  maritate  alcune  sue  nipote
               fanciulle povere et altre della sua patria e da Montorsoli, ordinò che
               ad Angelo suo nipote, del quale si è già fatto menzione, fussero dati
               in  Roma  mille  scudi  e  comperatogli  un  cavaliere  del  giglio;  a  due

               spedali  di  Napoli  diede  per  limosina  buona  somma  di  danari  per
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