Page 1607 - Giorgio Vasari
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marmo  con  due  tavole  di  mezzo  rilievo;  in  una  è  sepolto  il  conte
               Filippino  Doria  e  nell'altra  il  signor  Giannettino  della  medesima
               famiglia.  Ne'  pilastri  dove  comincia  la  navata  del  mezzo,  sono  due
               bellissimi pergami di marmo; e dalle bande delle navate minori sono
               spartite  nelle  facciate  con  bell'ordine  d'architettura  alcune  cappelle

               con colonne et altri molti ornamenti, che fanno quella chiesa essere
               un'opera veramente magnifica e ricchissima.

               Finita la detta chiesa, il medesimo principe Doria fece mettere mano
               al suo palazzo e fargli nuove aggiunte di fabriche e giardini bellissimi,
               che furono fatti con ordine del frate, il quale avendo in ultimo fatto,

               dalla  parte  dinanzi  di  detto  palazzo,  un  vivaio,  fece  di  marmo  un
               mostro marino, di tondo rilievo, che versa in gran copia acqua nella
               detta  peschiera;  simile  al  quale  mostro  ne  fece  un  altro  a  que'
               signori,  che  fu  mandato  in  Ispagna  al  Granvela.  Fece  un  gran

               Nettunno di stucco, che sopra un piedistallo fu posto nel giardino del
               Principe; fece di marmo due ritratti del medesimo Principe e due di
               Carlo Quinto, che furono portati da Coves in Ispagna. Furono molto
               amici del frate, mentre stette in Genova, Messer Cipriano Palavigino,

               il quale per essere di molto giudizio nelle cose delle nostre arti ha
               praticato sempre volentieri con gl'artefici più eccellenti e quelli in ogni
               cosa  favoriti,  il  signore  abbate  Negro,  Messer  Giovanni  da  Monte
               Pulvano  et  il  signor  Priore  di  San  Matteo,  et  insomma  tutti  i  primi

               gentiluomini e signori di quella città, nella quale acquistò il frate fama
               e ricchezza.

               Finite  dunque  le  sopra  dette  opere,  si  partì  fra'  Giovann'Agnolo  di
               Genova e se n'andò a Roma per rivedere il Buonarroto, che già molti
               anni non aveva veduto, e vedere se per qualche mezzo avesse potuto
               rapiccare il filo col duca di Fiorenza e tornare a fornire l'Ercole che

               aveva lasciato imperfetto. Ma arrivato a Roma, dove si comperò un
               cavalierato di San Piero, inteso per lettere avute da Fiorenza che il
               Bandinello,  mostrando  aver  bisogno  di  marmo  e  facendo  a  credere
               che  il  detto  Ercole  era  un  marmo  storpiato,  l'aveva  spezzato  con

               licenzia  del  maiorduomo  Riccio  e  servitosene  a  far  cornici  per  la
               sepoltura  del  signor  Giovanni,  la  quale  egli  allora  lavorava,  se  ne
               prese  tanto  sdegno,  che  per  allora  non  volle  altrimenti  tornare  a
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