Page 1583 - Giorgio Vasari
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non  erano  sempre  que'  medesimi  e  sono  le  più  volte  persone  che
               poco stimano virtù o alcun'opera di pregio, vendé (per finire l'opera)
               un  podere  di  suo  patrimonio  che  avea  poco  fuor  di  Firenze  a  San
               Marco vecchio. E non ostanti tante fatiche, spese e diligenze, ne fu
               male dai consoli e dai suoi cittadini remunerato; perciò che uno de'

               Ridolfi,  capo  di  quell'uffizio,  per  alcun  sdegno  particolare  e  perché
               forse non l'aveva il Rustico così onorato, né lasciatogli vedere a suo
               commodo le figure, gli fu sempre in ogni cosa contrario. E quello che

               a  Giovanfrancesco  dovea  risultare  in  onore,  faceva  il  contrario  e
               storto, però che dove meritava d'essere stimato non solo come nobile
               e cittadino, ma anco come virtuoso, l'essere eccellentissimo artefice
               gli toglieva appresso gl'ignoranti et idioti di quello che per nobiltà se
               gli doveva. Avendosi dunque a stimar l'opera di Giovanfrancesco, et

               avendo  egli  chiamato  per  la  parte  sua  Michelagnolo  Buonarroti,  il
               magistrato, a persuasione del Ridolfi, chiamò Baccio d'Agnolo, di che
               dolendosi il Rustico e dicendo agl'uomini del magistrato, nell'udienza,

               che era pur cosa troppo strana che un artefice legnaiuolo avesse a
               stimare le fatiche d'uno statuario, e quasi che egli erano un monte di
               buoi,  il  Ridolfi  rispondeva  che  anzi  ciò  era  ben  fatto  e  che
               Giovanfrancesco era un superbaccio et un arrogante. Ma quello che fu
               peggio, quell'opera che non meritava meno di duemila scudi, gli fu

               stimata  dal  magistrato  cinquecento,  che  anco  non  gli  furono  mai
               pagati interamente, ma solamente quattrocento per mezzo di Giulio
               cardinale  de'  Medici.  Veggendo  dunque  Giovanfrancesco  tanta

               malignità, quasi disperato si ritirò con proposito di mai più non volere
               far opere per magistrati, né dove avesse a dependere più che da un
               cittadino  o  altr'uomo  solo.  E  così  standosi  da  sé  e  menando  vita
               soletaria nelle stanze della Sapienza a canto ai frati de' Servi, andava
               lavorando  alcune  cose  per  non  istare  in  ozio  e  passarsi  tempo.

               Consumandosi  oltre  ciò  la  vita  et  i  danari  dietro  a  cercare  di
               congelare  mercurio  in  compagnia  d'un  altro  cervello  così  fatto
               chiamato  Raffaello  Baglioni,  dipinse  Giovanfrancesco  in  un  quadro

               lungo  tre  braccia  et  alto  due  una  conversione  di  San  Paulo  a  olio
               piena di diverse sorti cavalli sotto i soldati di esso Santo, in varie e
               belle attitudini e scorti. La quale pittura insieme con molte altre cose
               di  mano  del  medesimo  è  appresso  gli  eredi  del  già  detto  Piero
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