Page 1557 - Giorgio Vasari
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braccia dodici l'uno et alti sei, che non furono per allora dipinti, ma
               molti anni poi da Giorgio Vasari, giovinetto di diciotto anni, quando
               serviva il duca Alessandro de' Medici suo primo signore l'anno 1535; il
               qual Giorgio vi fece storie de' fatti di Giulio Cesare, alludendo a Giulio
               cardinale sopra detto, che l'aveva fatta fare.

               Dopo fece Giovanni a canto a questa camera in una volta piccola a

               mezza botte alcune cose di stucco, basse basse, e similmente alcune
               pitture che sono rarissime. Le quali ancor che piacessero a que' pittori
               che  allora  erano  a  Fiorenza,  come  fatte  con  fierezza  e  pratica
               maravigliosa  e  piene  d'invenzioni  terribili  e  capricciose,  però  che

               erano  avezzi  a  una  loro  maniera  stentata  et  a  fare  ogni  cosa  che
               mettevano in opera con ritratti tolti dal vivo, come non risoluti non le
               lodavano  interamente,  né  si  mettevano,  non  ne  bastando  per
               aventura  loro  l'animo,  ad  imitarle.  Essendo  poi  tornato  Giovanni  a

               Roma,  fece  nella  loggia  d'Agostino  Chigii,  la  quale  avea  dipinta
               Raffaello e l'andava tuttavia conducendo a fine, un ricinto di festoni
               grossi  a  torno  a  torno  agli  spigoli  e  quadrature  di  quella  volta,
               facendovi stagione per istagione di tutte le sorti frutte, fiori e foglie

               con tanto artifizio lavorate, che ogni cosa vi si vede viva e staccata
               dal muro e naturalissima. E sono tante le varie maniere di frutte e
               biade che in quell'opera si veggiono, che per non raccontarle a una a
               una, dirò solo che vi sono tutte quelle che in queste nostre parti ha

               mai prodotto la natura. Sopra la figura d'un Mercurio che vola ha finto
               per  Priapo  una  zucca,  attraversata  da  vilucchi,  che  ha  per  testicoli
               due petronciani, e vicino al fiore di quella ha finto una ciocca di fichi
               brugiotti grossi dentro a uno de' quali, aperto e troppo fatto, entra la

               punta  della  zucca  col  fiore;  il  quale  capriccio  è  espresso  con  tanta
               grazia, che più non si può alcuno imaginare. Ma che più? per finirla,
               ardisco  d'affermare  che  Giovanni  in  questo  genere  di  pitture  ha
               passato tutti coloro che in simili cose hanno meglio imitata la natura,

               perciò che oltre all'altre cose, insino i fiori del sambuco, del finocchio
               e dell'altre cose minori vi sono veramente stupendissimi. Vi si vede
               similmente  gran  copia  d'animali  fatti  nelle  lunette  che  sono
               circondate  da  questi  festoni,  et  alcuni  putti  che  tengono  in  mano  i

               segni  degli  dèi,  ma  fra  gl'altri  un  leone  et  un  cavallo  marino,  per
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