Page 1553 - Giorgio Vasari
P. 1553

farle con facilità e con grazia, non gli mancava se non avere il modo
               di  fare  quelli  stucchi  sopra  i  quali  le  grottesche  erano  lavorate,  et
               ancor che molti innanzi a lui, come s'è detto, avessono ghiribizzatovi
               sopra, senza aver altro trovato che il modo di fare al fuoco lo stucco
               con  gesso,  calcina,  pece  greca,  cera  e  matton  pesto  et  a  metterlo

               d'oro, non però avevano trovato il vero modo di fare gli stucchi simili
               a quelli che si erano in quelle grotte e stanze antiche ritrovati. Ma
               facendosi allora in S. Piero gl'archi e la tribuna di dietro, come si disse

               nella vita di Bramante, di calcina e pozzolana, gettando ne' cavi di
               terra tutti gl'intagli de' fogliami, degl'uovoli et altre membra, cominciò
               Giovanni, dal considerare quel modo di fare con calcina e pozzolana,
               a provare se gli riusciva il far figure di basso rilievo, e così provandosi
               gli vennero fatte a suo modo in tutte le parti, eccetto che la pelle

               ultima  non  veniva  con  quella  gentilezza  e  finezza  che  mostravano
               l'antiche,  né  anco  così  bianca.  Per  lo  che  andò  pensando  dovere
               essere  necessario  mescolare  con  la  calcina  di  trevertino  bianca,  in

               cambio di pozzolana, alcuna cosa che fusse di color bianco, per che,
               dopo aver provato alcun'altre cose, fatto pestare scaglie di trevertino,
               trovò che facevano assai bene: ma tuttavia era il lavoro livido e non
               bianco, e ruvido e granelloso. Ma finalmente fatto pestare scaglie del
               più  bianco  marmo  che  si  trovasse,  ridottolo  in  polvere  sottile  e

               stacciatolo, lo mescolò con calcina di trevertino bianco, e trovò che
               così veniva fatto senza dubbio niuno il vero stucco antico con tutte
               quelle  parti  che  in  quello  aveva  disiderato.  Della  qual  cosa  molto

               rallegratosi, mostrò a Raffaello quello che avea fatto; onde egli, che
               allora facea, come s'è detto, per ordine di papa Leone X le logge del
               palazzo papale, vi fece fare a Giovanni tutte quelle volte di stucchi,
               con bellissimi ornamenti, ricinti di grottesche simili all'antiche, e con
               vaghissime  e  capricciose  invenzioni,  piene  delle  più  varie  e

               stravaganti  cose  che  si  possano  imaginare.  E  condotto  di  mezzo  e
               basso  rilievo  tutto  quell'ornamento,  lo  tramezzò  poi  di  storiette,  di
               paesi, di fogliami e varie fregiature, nelle quali fece lo sforzo quasi di

               tutto quello che può far l'arte in quel genere; nella qual cosa egli non
               solo paragonò gl'antichi, ma per quanto si può giudicare dalle cose
               che si son vedute, gli superò. Perciò che quest'opere di Giovanni, per
               bellezza  di  disegno,  invenzione  di  figure  e  colorito,  o  lavorate  di
   1548   1549   1550   1551   1552   1553   1554   1555   1556   1557   1558