Page 1512 - Giorgio Vasari
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bonissima  voglia  e  massimamente  per  vedere  i  miracoli  che  si
               predicavano  di  Raffaello  da  Urbino  e  della  cappella  di  Giulio  stata
               dipinta  dal  Buonarroto.  Ma  giunto  Benvenuto  in  Roma,  restò  quasi
               disperato,  non  che  stupito  nel  vedere  la  grazia  e  la  vivezza  che
               avevano  le  pitture  di  Raffaello  e  la  profondità  del  disegno  di

               Michelagnolo, onde malediva le maniere di Lombardia e quella che
               avea con tanto studio e stento imparato in Mantoa, e volentieri, se
               avesse  potuto,  se  ne  sarebbe  smorbato.  Ma  poi  che  altro  non  si

               poteva, si risolvé a volere disimparare e, dopo la perdita di tanti anni,
               di  maestro  divenire  discepolo.  Per  che,  cominciato  a  disegnare  di
               quelle cose che erano migliori e più difficili, et a studiare con ogni
               possibile diligenza quelle maniere tanto lodate, non attese quasi ad
               altro  per  ispazio  di  due  anni  continui.  Per  lo  che  mutò  in  tanto  la

               pratica e la maniera cattiva in buona, che n'era tenuto dagl'artefici
               conto;  e,  che  fu  più,  tanto  adoperò  col  sottomettersi  e  con  ogni
               qualità d'amorevole ufficio, che divenne amico di Raffaello da Urbino,

               il quale, come gentilissimo e non ingrato, insegnò molte cose, aiutò e
               favorì sempre Benvenuto; il quale, se avesse seguitato la pratica di
               Roma,  senz'alcun  dubbio  arebbe  fatto  cose  degne  del  bell'ingegno
               suo. Ma perché fu costretto, non so per qual accidente, tornare alla
               patria, nel pigliare licenza da Raffaello gli promise, secondo che egli il

               consigliava,  di  tornare  a  Roma,  dove  l'assicurava  Raffaello  che  gli
               darebbe  più  che  non  volesse  da  lavorare  et  in  opere  onorevoli.
               Arrivato dunque Benvenuto in Ferrara, assettato che egli ebbe le cose

               e spedito la bisogna che ve l'aveva fatto venire, si metteva in ordine
               per tornarsene a Roma, quando il signor Alfonso duca di Ferrara lo
               mise a lavorare nel castello, in compagnia d'altri pittori ferraresi, una
               cappelletta; la quale finita gli fu di nuovo interrotto il partirsi dalla
               molta  cortesia  di  Messer  Antonio  Costabili,  gentiluomo  ferrarese  di

               molta  autorità,  il  quale  gli  diede  a  dipignere  nella  chiesa  di  Santo
               Andrea all'altar maggiore una tavola a olio. La quale finita, fu forzato
               farne un'altra in San Bertolo, convento de' monaci cistercensi, nella

               quale fece l'adorazione de' Magi, che fu bella e molto lodata. Dopo ne
               fece un'altra in Duomo piena di varie e molte figure, e due altre, che
               furono  poste  nella  chiesa  di  Santo  Spirito,  in  una  delle  quali  è  la
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