Page 1508 - Giorgio Vasari
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onde  non  fu  gran  fatto  che  da  cotal  compagnia  avessero  poi  col
               tempo, come si dirà, origine molti mali, né che fusse il Piloto, per la
               sua mala lingua, ucciso da un giovane; e perché le costoro operazioni
               e costumi non piacevano agl'uomini da bene, erano, non dico tutti,
               ma una parte di loro, sempre come i battilani et altri simili a fare alle

               piastrelle  lungo  le  mura,  o  per  le  taverne  a  godere.  Tornando  un
               giorno  Giorgio  Vasari  da  Monte  Oliveto,  luogo  fuor  di  Firenze,  da
               vedere il reverendo e molto virtuoso don Miniato Pitti, abate allora di

               quel  luogo,  trovò  Iacone  con  una  gran  parte  di  sua  brigata  in  sul
               canto de' Medici, il quale pensò, per quanto intesi poi, di volere con
               qualche sua cantafavola, mezzo burlando e mezzo dicendo da dovero,
               dire qualche parola ingiuriosa al detto Giorgio. Per che, entrato egli
               così a cavallo fra loro gli disse Iacone: "Orbè, Giorgio", disse, "come

               va ella?". "Va bene, Iacone mio", rispose Giorgio; "io era già povero
               come tutti voi et ora mi truovo tre mila scudi o meglio: ero tenuto da
               voi  goffo,  et  i  frati  e  preti  mi  tengono  valentuomo;  io  già  serviva

               voialtri, et ora questo famiglio, che è qui, serve me e governa questo
               cavallo; vestiva di que' panni che vestono i dipintori che son poveri,
               et ora son vestito di velluto; andava già a piedi et ora vo a cavallo, sì
               che,  Iacon  mio,  ella  va  bene  affatto;  rimanti  con  Dio."  Quando  il
               povero Iacone sentì a un tratto tante cose, perdé ogni invenzione e si

               rimase  senza  dir  altro  tutto  stordito,  quasi  considerando  la  sua
               miseria, e che le più volte rimane l'ingannatore a' piè dell'ingannato.
               Finalmente  essendo  stato  Iacone  da  una  infermità  mal  condotto,

               essendo  povero,  senza  governo  e  rattrappato  delle  gambe  senza
               potere aiutarsi, si morì di stento in una sua casipola che aveva in una
               piccola strada o vero chiasso, detto Coda rimessa, l'anno 1553.

               Francesco d'Ubertino detto Bacchiacca, fu diligente dipintore, et ancor
               che fusse amico di Iacone, visse sempre assai costumatamente e da
               uomo da bene; fu similmente amico d'Andrea del Sarto e da lui molto

               aiutato  e  favorito  nelle  cose  dell'arte.  Fu,  dico,  Francesco  diligente
               pittore,  e  particolarmente  in  fare  figure  piccole,  le  quali  conduceva
               perfette  e  con  molta  pacienza,  come  si  vede  in  S.  Lorenzo  di
               Fiorenza,  in  una  predella  della  storia  de'  Martiri,  sotto  la  tavola  di

               Giovan  Antonio  Sogliani,  e  nella  cappella  del  Crucifisso,  in  un'altra
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