Page 1502 - Giorgio Vasari
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Nell'altro era la presa di Monte Murlo: l'impresa un assiuolo egizzio
               sopra la testa di Pirro, e l'arme quella di casa Sforza e Medici, nella
               quale  storia,  che  fu  dipinta  da  Antonio  di  [Donnino  di]  Domenico
               pittore fiero nelle movenze, si vedeva nel lontano una scaramuccia di
               cavalli  tanto  bella,  che  quel  quadro,  di  mano  di  persona  riputata

               debole,  riuscì  molto  migliore  che  l'opere  d'alcuni  altri  che  erano
               valentuomini  solamente  in  openione.  Nell'altro  si  vedeva  il  duca
               Cosimo  essere  investito  dalla  maestà  cesarea  di  tutte  l'insegne  et

               imprese ducali: l'impresa era una pica con foglie d'alloro in bocca, e
               nel fregio era l'arme de' Medici e di Tolledo, e questa era di mano di
               Battista  Franco  viniziano.  Nell'ultimo  di  tutti  questi  quadri  erano  le
               nozze del medesimo duca Cosimo fatte in Napoli: l'impresa erano due
               cornici,  simbolo  antico  delle  nozze,  e  nel  fregio  era  l'arme  di  don

               Petro  di  Tolledo  viceré  di  Napoli,  e  questa,  che  era  di  mano  del
               Bronzino, era fatta con tanta grazia, che superò come la prima tutte
               l'altre storie. Fu similmente ordinato dal medesimo Aristotile, sopra la

               loggia,  un  fregio  con  altre  storiette  et  arme  che  fu  molto  lodato  e
               piacque a sua eccellenza che di tutto il remunerò largamente. E dopo,
               quasi ogni anno, fece qualche scena e prospettiva per le comedie che
               si facevano per carnovale, avendo in quella maniera di pitture tanta
               pratica et aiuto dalla natura, che aveva disegnato volere scriverne et

               insegnare, ma perché la cosa gli riuscì più difficile che non s'aveva
               pensato, se ne tolse giù, e massimamente essendo poi stato da altri
               che  governarono  il  palazzo  fatto  fare  prospettive  dal  Bronzino  e

               Francesco Salviati, come si dirà a suo luogo.
               Vedendo adunque Aristotile essere passati molti anni, ne' quali non

               era  stato  adoperato,  se  n'andò  a  Roma  a  trovare  Antonio  da  San
               Gallo suo cugino, il quale subito che fu arivato, dopo averlo ricevuto e
               veduto  ben  volentieri,  lo  mise  a  sollecitare  alcune  fabriche  con
               provisione  di  scudi  dieci  il  mese,  e  dopo  lo  mandò  a  Castro,  dove

               stette  alcuni  mesi  di  commessione  di  papa  Paulo  Terzo  a  condurre
               gran parte di quelle muraglie secondo il disegno et ordine d'Antonio.
               E conciò fusse che Aristotile, essendosi alevato con Antonio da piccolo
               et  avezzatosi  a  procedere  seco  troppo  familiarmente,  dicono  che

               Antonio lo teneva lontano, perché non si era mai potuto avezare a
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