Page 1499 - Giorgio Vasari
P. 1499
altra guisa il palco delle musiche, si poteva il detto cavallo del tetto
assai facilmente accomodare, mettendo due legni doppii di quindici
braccia l'uno per la lunghezza del muro; e quelli bene allacciati con
spranghe di ferro allato agl'altri cavalli, sopra essi posare sicuramente
il cavallo di mezzo, perciò che vi stava sicurissimo come sopra l'arco
arebbe fatto né più né meno. Ma non volendo Lorenzo credere né ad
Aristotile, che l'approvava, né a Giorgio che il proponeva, non faceva
altro che contraporsi con sue cavillazioni che facevano conoscere il
suo cattivo animo ad ognuno, per che, veduto Giorgio che disordine
grandissimo poteva di ciò seguire e che questo non era altro che un
volere amazzare trecento persone, disse che volea per ogni modo
dirlo al Duca, acciò mandasse a vedere e provedere al tutto. La qual
cosa sentendo Lorenzo e dubitando di non scoprirsi, dopo molte
parole diede licenzia ad Aristotile che seguisse il parere di Giorgio e
così fu fatto. Questa scena dunque fu la più bella che non solo insino
allora avesse fatto Aristotile, ma che fusse stata fatta da altri già
mai, avendo in essa fatto molte cantonate di rilievo e contrafatto nel
mezzo del foro un bellissimo arco trionfale, finto di marmo, pieno di
storie e di statue; senza le strade che sfuggivano e molte altre cose
fatte con bellissime invenzioni et incredibile studio e diligenza.
Essendo poi stato morto dal detto Lorenzo il duca Alessandro e creato
il duca Cosimo l'anno 1536, quando venne a marito la signora donna
Leonora di Tolledo, donna nel vero rarissima e di cioè sì grande et
incomparabile valore, che può a qual sia più celebre e famosa
nell'antiche storie senza contrasto aguagliarsi e per aventura
preporsi, nelle nozze che si fecero a dì 27 di giugno l'anno 1539, fece
Aristotile nel cortile grande del palazzo de' Medici, dove è la fonte,
un'altra scena che rappresentò Pisa, nella quale vinse se stesso,
sempre migliorando e variando. Onde non è possibile mettere
insieme mai né la più variata sorte di finestre e porte, né facciate di
palazzi più bizzarre e capricciose, né strade o lontani che meglio
sfuggano e facciano tutto quello che l'ordine vuole della prospettiva.
Vi fece oltra di questo il campanile torto del Duomo, la cupola et il
tempio tondo di S. Giovanni con altre cose di quella città. Delle scale
che fece in questa non dirò altro, né quanto rimanessero ingannati,