Page 1501 - Giorgio Vasari
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colombe sopra un ramo d'oro, e l'arme che era nel fregio era quella
               del duca Cosimo; nell'altro, il quale era di mano del medesimo, era
               l'andata  a  Napoli  del  Magnifico  Lorenzo,  l'impresa  un  pellicano,  e
               l'arme  quella  del  duca  Lorenzo,  cioè  Medici  e  Savoia;  nel  terzo
               quadro,  stato  dipinto  da  Pierfrancesco  di  Iacopo  di  Sandro,  era  la

               venuta di papa Leone X a Fiorenza, portato dai suoi cittadini sotto il
               baldacchino: l'impresa era un braccio ritto, e l'arme quella del duca
               Giuliano,  cioè  Medici  e  Savoia;  nel  quarto  quadro,  di  mano  del

               medesimo, era Biegrassa presa dal signor Giovanni, che di quella si
               vedeva uscire vettorioso: l'impresa era il fulmine di Giove, e l'arme
               del fregio era quella del duca Alessandro, cioè Austria e Medici; nel
               quinto, papa Clemente coronava in Bologna Carlo V: l'impresa era un
               serpe  che  si  mordeva  la  coda,  e  l'arme  era  di  Francia  e  Medici,  e

               questa era di mano di Domenico Conti, discepolo d'Andrea del Sarto,
               il quale mostrò non valere molto, mancatogli l'aiuto d'alcuni giovani
               de' quali pensava servirsi, perché tutti i buoni e cattivi erano in opera.

               Onde  fu  riso  di  lui,  che  molto  presumendosi,  si  era  altre  volte  con
               poco giudizio riso d'altri. Nella sesta storia et ultima da quella banda
               era di mano del Bronzino la disputa che ebbono tra loro in Napoli et
               innanzi all'imperatore, il duca Alessandro et i fuoriusciti fiorentini, col
               fiume Sebeto e molte figure, e questo fu bellissimo quadro e migliore

               di tutti gl'altri: l'impresa era una palma, e l'arme quella di Spagna.
               Dirimpetto  alla  tornata  del  Magnifico  Cosimo,  cioè  dall'altra  banda,
               era il felicissimo natale del duca Cosimo: l'impresa era una fenice, e

               l'arme quella della città di Fiorenza, cioè un giglio rosso. A canto a
               questo era la creazione o vero elezzione del medesimo alla degnità
               del ducato: l'impresa il caduceo di Mercurio, e nel fregio l'arme del
               castellano della fortezza. E questa storia, essendo stata disegnata da
               Francesco Salviati, perché ebbe a partirsi in que' giorni di Fiorenza, fu

               finita eccellentemente da Carlo Portelli da Loro. Nella terza erano i
               tre  superbi  oratori  campani  cacciati  del  senato  romano  per  la  loro
               temeraria  dimanda,  secondo  che  racconta  Tito  Livio  nel  ventesimo

               libro della sua storia, i quali in questo luogo significavano tre cardinali
               venuti  invano  al  duca  Cosimo  con  animo  di  levarlo  del  governo:
               l'impresa era un cavallo alato, e l'arme quella de' Salviati e Medici.
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