Page 150 - Giorgio Vasari
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sì che la fama di colui oscura.
Nella dichiarazione de' quali versi, un comentatore di Dante, il quale
scrisse nel tempo che Giotto vivea, e dieci o dodici anni dopo la
morte d'esso Dante, cioè intorno agli anni di Cristo
milletrecentotrentaquattro, dice, parlando di Cimabue, queste proprie
parole precisamente: "Fu Cimabue di Firenze pintore nel tempo di
l'autore, molto nobile di più che omo sapesse, e con questo fue sì
arogante e sì disdegnoso, che si per alcuno li fusse a sua opera posto
alcun fallo o difetto, o elli da sé l'avessi veduto, ché, come accade
molte volte, l'artefice pecca per difetto della materia, in che adopra,
o per mancamento ch'è nello strumento con ch'e' lavora,
immantenente quell'opra disertava, fussi cara quanto volesse. Fu et è
Giotto in tra li dipintori il più sommo della medesima città di Firenze,
e le sue opere il testimoniano a Roma, a Napoli, a Vignone, a Firenze,
a Padova et in molte parti del mondo, etc.". Il qual comento è oggi
appresso il molto reverendo don Vincenzio Borghini priore
degl'Innocenti, uomo non solo per nobiltà, bontà e dottrina
chiarissimo, ma anco così amatore et intendente di tutte l'arti
migliori, che ha meritato esser giudiziosamente eletto dal signor duca
Cosimo in suo luogotenente nella nostra Accademia del Disegno.
Ma per tornare a Cimabue, oscurò Giotto veramente la fama di lui,
non altrimenti che un lume grande faccia lo splendore d'un molto
minore; perciò che sebbene fu Cimabue quasi prima cagione della
rinovazione dell'arte della pittura, Giotto nondimeno, suo creato,
mosso da lodevole ambizione et aiutato dal cielo e dalla natura, fu
quegli che andando più alto col pensiero, aperse la porta della verità
a coloro che l'hanno poi ridotta a quella perfezzione e grandezza, in
che la veggiamo al secolo nostro; il quale, avezzo ogni dì a vedere le
maraviglie, i miracoli, e l'impossibilità degli artefici in quest'arte, è
condotto oggimai a tale, che di cosa che facciano gli uomini, benché
più divina che umana sia, punto non si maraviglia. E buon per coloro
che lodevolmente s'affaticano, se in cambio d'essere lodati et
ammirati, non ne riportassero biasimo e molte volte vergogna. Il
ritratto di Cimabue si vede di mano di Simone sanese nel capitolo di