Page 149 - Giorgio Vasari
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che entra in chiesa in un cantone una tavolina a tempera, nella quale
è un Cristo in croce con alcuni Angeli attorno, i quali piangendo
pigliano con le mani certe parole che sono scritte intorno alla testa di
Cristo, e le mandano all'orecchie d'una Nostra Donna che a man ritta
sta piangendo, e dall'altro lato a S. Giovanni Evangelista, che è tutto
dolente, a man sinistra; e sono le parole alla Vergine: Mulier, ecce
filius tuus, e quelle a S. Giovanni: Ecce mater tua, e quelle che tiene
in mano un altr'angelo appartato dicono: Ex illa hora accepit eam
discipulus in suam. Nel che è da considerare che Cimabue cominciò a
dar lume et aprire la via all'invenzione, aiutando l'arte con le parole
per esprimere il suo concetto, il che certo fu cosa capricciosa e nuova.
Ora, perché mediante queste opere s'aveva acquistato Cimabue, con
molto utile, grandissimo nome, egli fu messo per architetto in
compagnia d'Arnolfo Lapi, uomo allora nell'architettura eccellente,
alla fabrica di S. Maria del Fiore in Fiorenza. Ma finalmente, essendo
vivuto sessanta anni, passò all'altra vita l'anno milletrecento, avendo
poco meno che resuscitata la pittura. Lasciò molti discepoli, e fra gli
altri Giotto che poi fu eccellente pittore; il quale Giotto abitò dopo
Cimabue nelle proprie case del suo maestro nella via del Cocomero.
Fu sotterrato Cimabue in S. Maria del Fiore, con questo epitaffio
fattogli da uno de' Nini:
Credidit ut Cimabos picturae castra tenere,
sic tenuit vivens; nunc tenet astra poli.
Non lascerò di dire che, se alla gloria di Cimabue non avesse
contrastato la grandezza di Giotto suo discepolo, sarebbe stata la
fama di lui maggiore, come ne dimostra Dante nella sua Commedia,
dove alludendo nell'undecimo canto del Purgatorio alla stessa
inscrizzione della sepoltura, disse:
Credette Cimabue nella pintura
tener lo campo, et ora ha Giotto il grido;