Page 145 - Giorgio Vasari
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Firenze  la  pittura  più  tosto  perduta  che  smarrita,  cominciarono,  fra
               l'altre opere tolte a far nella città, la cappella de' Gondi, di cui oggi le
               volte e le facciate sono poco meno che consumate dal tempo, come
               si può vedere in S. Maria Novella allato alla principale capella, dove
               ell'è posta. Onde Cimabue, cominciato a dar principio a questa arte

               che gli piaceva, fuggendosi spesso dalla scuola, stava tutto il giorno a
               vedere lavorare que' maestri; di maniera che, giudicato dal padre e
               da quei pittori in modo atto alla pittura, che si poteva di lui sperare,

               attendendo  a  quella  professione,  onorata  riuscita;  con  non  sua
               piccola sodisfazzione fu da detto suo padre acconcio con esso loro; là
               dove,  di  continuo  esercitandosi,  l'aiutò  in  poco  tempo  talmente  la
               natura, che passò di gran lunga, sì nel disegno come nel colorire, la
               maniera  de'  maestri  che  gli  insegnavano;  i  quali,  non  si  curando

               passar  più  innanzi,  avevano  fatte  quelle  opre  nel  modo  che  elle  si
               veggono  oggi,  cioè  non  nella  buona  maniera  greca  antica,  ma  in
               quella  goffa  moderna  di  que'  tempi;  e  perché,  sebbene  imitò  que'

               Greci, aggiunse molta perfezzione all'arte, levandole gran parte della
               maniera  loro  goffa,  onorò  la  sua  patria  col  nome  e  con  l'opre  che
               fece; di che fanno fede in Fiorenza le pitture che egli lavorò, come il
               dossale dell'altare di S. Cecilia, et in S. Croce una tavola drentovi una
               Nostra Donna, la quale fu et è ancora appoggiata in uno pilastro a

               man destra intorno al coro. Doppo la quale fece in una tavoletta in
               campo d'oro un S. Francesco, e lo ritrasse, il che fu cosa nuova in que'
               tempi,  di  naturale,  come  seppe  il  meglio,  et  intorno  a  esso  tutte

               l'istorie  della  vita  sua  in  venti  quadretti  pieni  di  figure  picciole  in
               campo d'oro. Avendo poi preso a fare per i monaci di Vall'Ombrosa
               nella  Badia  di  Santa  Trinita  di  Fiorenza  una  gran  tavola,  mostrò  in
               quell'opera, usandovi gran diligenza per rispondere alla fama che già
               era  conceputa  di  lui,  migliore  invenzione,  e  bel  modo  nell'attitudini

               d'una  Nostra  Donna,  che  fece  col  Figliuolo  in  braccio  e  con  molti
               Angeli intorno che l'adoravano in campo d'oro; la qual tavola finita, fu
               posta, da que' monaci in sull'altar maggiore di detta chiesa, donde

               essendo  poi  levata,  per  dar  quel  luogo  alla  tavola  che  v'è  oggi  di
               Alesso  Baldovinetti,  fu  posta  in  una  cappella  minor  della  navata
               sinistra  di  detta  chiesa.  Lavorando  poi  in  fresco  allo  Spedale  del
               Porcellana sul canto della via Nuova che va in Borgo Ogni Santi, nella
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