Page 148 - Giorgio Vasari
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aver considerazione) quelle delle volte, come meno dalla polvere e
dagl'altri accidenti offese, si sono molto meglio che l'altre conservate.
Finite queste opere, mise mano Giovanni a dipignere le facciate di
sotto, cioè quelle che sono dalle finestre in giù, e vi fece alcune cose;
ma essendo a Firenze da alcune sue bisogne chiamato, non seguitò
altramente il lavoro, ma lo finì, come al suo luogo si dirà, Giotto molti
anni dopo.
Tornato, dunque, Cimabue a Firenze, dipinse nel chiostro di S. Spirito,
dove è dipinto alla greca da altri maestri tutta la banda di verso la
chiesa, tre archetti di sua mano della vita di Cristo, e certo con molto
disegno. E nel medesimo tempo mandò alcune cose da sé lavorate in
Firenze a Empoli, le quali ancor oggi sono nella Pieve di quel castello
tenute in gran venerazione. Fece poi per la chiesa di Santa Maria
Novella la tavola di Nostra Donna, che è posta in alto fra la capella
de' Rucellai e quella de' Bardi da Vernia; la qual opera fu di maggior
grandezza, che figura che fusse stata fatta insin a quel tempo; et
alcuni Angeli che le sono intorno, mostrano, ancor che egli avesse la
maniera greca, che s'andò accostando in parte al lineamento e modo
della moderna, onde fu questa opera di tanta maraviglia ne' popoli di
quell'età, per non si esser veduto insino allora meglio, che da casa di
Cimabue fu con molta festa e con le trombe, alla chiesa portata con
solennissima processione, et egli perciò molto premiato et onorato.
Dicesi, et in certi ricordi di vecchi pittori si legge, che mentre
Cimabue la detta tavola dipigneva in certi orti appresso porta S.
Piero, che passò il re Carlo il vecchio d'Angiò per Firenze, e che fra le
molte accoglienze fattegli dagli uomini di questa città, e' lo
condussero a vedere la tavola di Cimabue, e che per non essere
ancora stata veduta da nessuno, nel mostrarsi al Re vi concorsero
tutti gli uomini e tutte le donne di Firenze, con grandissima festa e
con la maggior calca del mondo. Laonde per l'allegrezza che n'ebbero
i vicini, chiamarono quel luogo Borgo Allegri, il quale col tempo
messo fra le mura della città, ha poi sempre ritenuto il medesimo
nome.
In S. Francesco di Pisa, dove egli lavorò, come si è detto di sopra,
alcune altre cose, è di mano di Cimabue nel chiostro allato alla porta