Page 1495 - Giorgio Vasari
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monsignor Giovio al re Francesco di Francia, che l'ebbe carissimo e ne
diede premio onorato al San Gallo. E ciò fece il Vasari, perché si
conservasse la memoria di quell'opera, atteso che le carte
agevolmente vanno male. E perché si dilettò dunque Aristotile nella
sua giovanezza, come hanno fatto gl'altri di casa sua, delle cose
d'architettura, attese a misurar piante di edifizii e con molta diligenza
alle cose di prospettiva, nel che fare gli fu di gran comodo un suo
fratello chiamato Giovan Francesco, il quale come architettore
attendeva alla fabrica di S. Piero, sotto Giuliano Leni proveditore.
Giovan Francesco dunque, avendo tirato a Roma Aristotile e
servendosene a tener conti in un gran maneggio che avea di fornaci,
di calcine, di lavori, pozzolane e tufi che gl'apportavano grandissimo
guadagno, si stette un tempo a quel modo Bastiano senza far altro
che disegnare nella cappella di Michelagnolo et andarsi trattenendo
per mezzo di Messer Giannozzo Pandolfini vescovo di Troia, in casa di
Raffaello da Urbino. Onde, avendo poi Raffaello fatto al detto Vescovo
il disegno per un palazzo che volea fare in via di S. Gallo in Fiorenza,
fu il detto Giovan Francesco mandato a metterlo in opera, sì come
fece con quanta diligenza è possibile che un'opera così fatta si
conduca. Ma l'anno 1530, essendo morto Giovan Francesco e stato
posto l'assedio intorno a Fiorenza, si rimase come diremo imperfetta
quell'opera; all'esecuzione della quale fu messo poi Aristotile suo
fratello, che se n'era molti e molti anni innanzi tornato come si dirà a
Fiorenza, avendo sotto Giuliano Leni sopra detto, avanzato grossa
somma di danari nell'aviamento che gli aveva lasciato in Roma il
fratello; con una parte de' quali danari comperò Aristotile, a
persuasione di Luigi Alamanni e Zanobi Buondelmonti suoi amicissimi,
un sito di casa dietro al convento de' Servi, vicino ad Andrea del
Sarto, dove poi, con animo di tòr donna e riposarsi, murò un'assai
commoda casetta. Tornato dunque a Fiorenza Aristotile, perché era
molto inclinato alla prospettiva, alla quale aveva atteso in Roma
sotto Bramante, non pareva che quasi si dilettasse d'altro, ma
nondimeno, oltre al fare qualche ritratto di naturale, colorì a olio in
due tele grandi il mangiare il pomo di Adamo e d'Eva, quando sono
cacciati di paradiso. Il che fece secondo che avea ritratto dall'opere di