Page 1488 - Giorgio Vasari
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Piombino  alcuni  quadri,  e  standosi  con  esso  lui  in  detto  luogo
               alcun'altre cose in tele, onde col mezzo suo, oltre a molti presenti e
               cortesie che ebbe da lui, cavò della sua isola dell'Elba molti animali
               piccoli di quelli che produce quell'isola, i quali tutti condusse a Siena.
               Capitando  poi  a  Firenze  un  monaco  de'  Brandolini,  abbate  del

               monasterio  di  Monte  Oliveto  che  è  fuor  della  porta  San  Friano,  gli
               fece dipignere a fresco nella facciata del refettorio alcune pitture; ma
               perché, come stracurato, le fece senza studio, riuscirono sì fatte, che

               fu uccellato e fatto beffe delle sue pazzie da coloro che aspettavano
               che  dovesse  fare  qualche  opera  straordinaria.  Mentre  dunque  che
               faceva quell'opera, avendo menato seco a Fiorenza un caval barbero,
               lo messe a correre il palio di San Bernaba, e come volle la sorte corse
               tanto meglio degl'altri, che lo guadagnò. Onde, avendo i fanciulli a

               gridare  come  si  costuma  dietro  al  palio  et  alle  trombe  il  nome  o
               cognome del padrone del cavallo che ha vinto, fu dimandato Giovan
               Antonio che nome si aveva gridare, et avendo egli risposto Soddoma,

               Soddoma,  i  fanciulli  così  gridavano.  Ma  avendo  udito  così  sporco
               nome certi vecchi da bene, cominciarono a farne rumore et a dire:
               "Che porca cosa, che ribalderia è questa, che si gridi per la nostra
               città così vituperoso nome?". Di maniera, che mancò poco, levandosi
               il  rumore,  che  non  fu  dai  fanciulli  e  dalla  plebe  lapidato  il  povero

               Soddoma, et il cavallo e la bertuccia che avea in groppa con esso lui.

               Costui, avendo nello spazio di molti anni raccozzati molti palii stati a
               questo modo vinti dai suoi cavalli, n'aveva una vanagloria, la maggior
               del mondo, et a chiunche gli capitava a casa, gli mostrava, e spesso
               spesso ne faceva mostra alle finestre. Ma per tornare alle sue opere,

               dipinse per la Compagnia di San Bastiano in Camollia, dopo la chiesa
               degl'Umiliati, in tela a olio in un gonfalone che si porta a processione,
               un  San  Bastiano  ignudo,  legato  a  un  albero,  che  si  posa  in  sulla
               gamba  destra  e  scortando  con  la  sinistra,  alza  la  testa  verso  un

               Angelo che gli mette una corona in capo. La quale opera è veramente
               bella e molto da lodare; nel rovescio è la Nostra Donna col Figliuolo
               in braccio, et a basso San Gismondo, San Rocco et alcuni battuti con
               le  ginocchia  in  terra.  Dicesi  che  alcuni  mercatanti  lucchesi  vollono

               dare agl'uomini di quella Compagnia, per avere quest'opera, trecento
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