Page 1389 - Giorgio Vasari
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San Michele in Bosco, fuor di Bologna, in testa d'un refettorio grande
               tre  tavole  a  olio,  con  tre  storie  lunghe  braccia  quattro  l'una  et  un
               fregio intorno a fresco alto braccia tre con venti storie dell'Apocalisse
               di figure piccole, e tutti i monasterii di quella congregazione ritratti di
               naturale,  con  un  partimento  di  grottesche  et  intorno  a  ciascuna

               finestra  braccia  quattordici  di  festoni  con  frutte  ritratte  di  naturale,
               scrisse  subito  a  Cristofano  che  da  San  Iustino  andasse  a  Bologna
               insieme  con  Battista  Cungii  borghese  e  suo  compatriota,  il  quale

               aveva anch'egli servito il Vasari sette anni. Costoro dunque arrivati a
               Bologna, dove non era ancora Giorgio arrivato per essere ancora a
               Camaldoli, dove fornito il tramezzo faceva il cartone d'un Deposto di
               croce,  che  poi  fece  e  fu  in  quello  stesso  luogo  messo  all'altare
               maggiore,  si  misono  a  ingessare  le  dette  tre  tavole  et  a  dar  di

               mestica,  insino  a  che  arivasse  Giorgio,  il  quale  avea  dato
               commessione a Dattero ebreo, amico di Messer Ottaviano de' Medici,
               il  quale  faceva  banco  in  Bologna,  che  provedesse  Cristofano  e

               Battista  di  quanto  facea  lor  bisogno.  E  perché  esso  Dattero  era
               gentilissimo e cortese molto, facea loro mille commodità e cortesie,
               per che andando alcuna volta costoro in compagnia di lui per Bologna
               assai  dimesticamente  et  avendo  Cristofano  una  gran  maglia  in  un
               occhio e Battista gl'occhi grossi, erano così loro creduti ebrei, come

               era  Dattero  veramente.  Onde  avendo  una  mattina  un  calzaiuolo  a
               portare  di  commessione  del  detto  ebreo  un  paio  di  calze  nuove  a
               Cristofano,  giunto  al  monasterio  disse  a  esso  Cristofano  il  quale  si

               stava  alla  porta  a  vedere  far  le  limosine:  "Messere,  sapresti  voi
               insegnare  le  stanze  di  que'  due  ebrei  dipintori,  che  qua  entro
               lavorano?". "Che ebrei e non ebrei", disse Cristofano "che hai da fare
               con esso loro?". "Ho a dare", rispose colui, "queste calze a uno di loro
               chiamato Cristofano." "Io sono uomo da bene e migliore cristiano che

               non sei tu." "Sia come volete voi", replicò il calzolaio, "io diceva così
               perciò che, oltre che voi sete tenuti e conosciuti per ebrei da ognuno,
               queste vostre arie, che non sono del paese, mel raffermavano." "Non

               più", disse Cristofano, "ti parrà che noi facciamo opere da cristiani."
               Ma per tornare all'opera, arrivato il Vasari in Bologna, non passò un
               mese  che  egli  disegnando  e  Cristofano  e  Battista  abbozzando  le
               tavole  con  i  colori,  elle  furono  tutte  e  tre  fornite  d'abbozzare  con
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