Page 1354 - Giorgio Vasari
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e che e' mi piacciono per farvi piacere". "Non vo' ch'e' ti piacciano",
               disse Baccio "e dì pur male ancora tu, che come tu puoi ricordarti, io
               non  dico  mai  bene  di  nessuno.  La  cosa  va  del  pari."  Dissimulava
               Baccio  il  suo  dolore  e  così  sempre  ebbe  per  costume  di  fare,
               mostrando di non curare del biasimo che l'uomo alle sue cose desse.

               Nondimeno  egli  è  verisimile  che  grande  fusse  il  suo  dispiacere,
               perché  coloro  che  s'affaticano,  per  l'onore  e  di  poi  ne  riportano
               biasimo, è da credere, ancor che indegno sia il biasimo et a torto, che

               ciò nel cuor segretamente gli affligga e di continovo gli tormenti. Fu
               racconsolato il suo dispiacere da una possessione, la quale oltre al
               pagamento  gli  fu  data  per  ordine  di  papa  Clemente.  Questo  dono
               doppiamente gli fu caro e per l'utile et entrata e perché era allato alla
               sua villa di Pinzerimonte, e perché era prima di Rignadori allora fatto

               ribello  e  suo  mortale  nimico,  col  quale  aveva  sempre  conteso  per
               conto de' confini di questo podere. In questo tempo fu scritto al duca
               Alessandro  dal  principe  Doria  che  operasse  con  Baccio  che  la  sua

               statua si finisse, ora che il gigante era del tutto finito, e che era per
               vendicarsi  con  Baccio  se  egli  non  faceva  il  suo  dovere.  Di  che  egli
               impaurito non si fidava d'andare a Carrara, ma pur dal cardinal Cibo e
               dal duca Alessandro assicurato v'andò, e lavorando con alcuni aiuti
               tirava  innanzi  la  statua.  Teneva  conto  giornalmente  il  principe  di

               quanto Baccio faceva; onde, essendogli riferito che la statua non era
               di  quella  eccellenza  che  gli  era  stato  promesso,  fece  intendere  il
               principe a Baccio che se egli non lo serviva bene che si vendicherebbe

               seco. Baccio sentendo questo, disse molto male del principe, il che
               tornatogli all'orecchie, era risoluto d'averlo nelle mani per ogni modo
               e  di  vendicarsi  col  fargli  gran  paura  della  galea.  Per  la  qual  cosa
               vedendo Baccio alcuni spiamenti di certi che l'osservavano, entrato di
               ciò in sospetto, come persona accorta e risoluta, lasciò il lavoro così

               come era e tornossene a Firenze.

               Nacque circa questo tempo a Baccio d'una donna, la quale egli tenne
               in casa, un figliuolo, al quale, essendo morto in que' medesimi giorni
               papa Clemente, pose nome Clemente per memoria di quel pontefice
               che sempre l'aveva amato e favorito. Dopo la morte del quale intese

               che  Ippolito  cardinale  de'  Medici,  et  Innocenzio  cardinale  Cibo,  e
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