Page 1349 - Giorgio Vasari
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Firenze, la quale seguì l'anno 1527, quando i Medici si partirono di
Firenze dopo il Sacco di Roma. Dove Baccio non si tenendo sicuro,
avendo nimicizia particulare con un suo vicino alla villa di
Pinzerimonte, il quale era di fazzion popolare, sotterrato che ebbe in
detta villa alcuni cammei et altre figurine di bronzo antiche che erano
de' Medici, se n'andò a stare a Lucca. Quivi s'intrattenne fino a tanto
che Carlo V imperadore venne a ricevere la corona in Bologna; di poi
fattosi vedere al Papa se n'andò seco a Roma, dove ebbe al solito le
stanze in Belvedere. Dimorando quivi Baccio, pensò Sua Santità di
satisfare a un voto il quale aveva fatto mentre che stette rinchiuso in
Castel Sant'Agnolo; il voto fu di porre sopra la fine del torrione tondo
di marmo, che è a fronte al ponte di Castello, sette figure grandi di
bronzo di braccia sei l'una, tutte a giacere in diversi atti, come cinte
da un Angelo, il quale voleva che posasse nel mezzo di quel torrione
sopra una colonna di mischio et egli fusse di bronzo con la spada in
mano. Per questa figura dell'Angelo intendeva l'angelo Michele,
custode e guardia del Castello, il quale col suo favore et aiuto l'aveva
liberato e tratto di quella prigione, e per le sette figure a giacere
poste significava i sette peccati mortali, volendo dire che con l'aiuto
dell'Angelo vincitore aveva superati e gittati per terra i suoi nimici,
uomini scelerati et empi, i quali si rappresentavano in quelle sette
figure de' sette peccati mortali. Per questa opera fu fatto fare da Sua
Santità un modello, il quale essendole piaciuto ordinò che Baccio
cominciasse a fare le figure di terra grande quanto avevano a essere,
per gittarle poi di bronzo. Cominciò Baccio e finì in una di quelle
stanze di Belvedere una di quelle figure di terra, la quale fu molto
lodata. Insieme ancora, per passarsi tempo e per vedere come gli
doveva riuscire il getto, fece molte figurine alte due terzi e tonde
come Ercoli, Venere, Apollini, Lede et altre sue fantasie, e fattele
gittar di bronzo a maestro Iacopo della Barba fiorentino, riuscirono
ottimamente. Di poi le donò a Sua Santità et a molti signori, delle
quali ora ne sono alcune nello scrittoio del duca Cosimo, fra un
numero di più di cento antiche, tutte rare, e d'altre moderne.
Aveva Baccio in questo tempo medesimo fatto una storia di figure
piccole di basso e mezzo rilievo d'una Deposizione di croce, la quale