Page 1350 - Giorgio Vasari
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fu opera rara e la fece con gran diligenza gettare di bronzo: così finita
               la donò a Carlo Quinto di Genova, il quale la tenne carissima e di ciò
               fu  segno  che  sua  maestà  dette  a  Baccio  una  commenda  di  San
               Iacopo  e  lo  fece  cavaliere.  Ebbe  ancora  dal  principe  Doria  molte
               cortesie,  e  dalla  republica  di  Genova  gli  fu  allogato  una  statua  di

               braccia sei di marmo, la quale doveva essere un Nettunno in forma
               del principe Doria, per porsi in su la piazza in memoria delle virtù di
               quel principe e de' benefizii grandissimi e rari, i quali la sua patria

               Genova aveva ricevuti da lui. Fu allogata questa statua a Baccio per
               prezzo di mille fiorini, de' quali ebbe allora cinquecento, e subito andò
               a Carrara per abbozzarla alla cava del Polvaccio.

               Mentre che 'l governo popolare, dopo la partita de' Medici, reggeva
               Firenze,  Michelagnolo  Buonarroti  fu  adoperato  per  le  fortificazioni
               della città, e fugli mostro il marmo che Baccio aveva scemato insieme

               col modello d'Ercole e Cacco, con intenzione che se il marmo non era
               scemato troppo, Michelagnolo lo pigliasse e vi facesse due figure a
               modo  suo.  Michelagnolo,  considerato  il  sasso,  pensò  un'altra
               invenzione  diversa,  e  lasciato  Ercole  e  Cacco,  prese  Sansone  che

               tenesse  sotto  due  Filistei  abbattuti  da  lui,  morto  l'uno  del  tutto  e
               l'altro  vivo  ancora,  al  quale  menando  un  marrovescio  con  una
               mascella di asino, cercasse di farlo morire. Ma come spesso avviene
               che gli umani pensieri talora si promettono alcune cose, il contrario

               delle  quali  è  determinato  dalla  sapienza  d'Iddio,  così  accade  allora
               perché,  venuta  la  guerra  contro  alla  città  di  Firenze,  convenne  a
               Michelagnolo pensare ad altro che a pulir marmi, et ebbesi per paura
               de'  cittadini  a  discostare  dalla  città.  Finita  poi  la  guerra  e  fatto

               l'accordo, papa Clemente fece tornare Michelagnolo a Firenze a finire
               la sagrestia di San Lorenzo e mandò Baccio a dar ordine di finire il
               gigante, il quale mentre che egli era intorno, aveva preso le stanze
               nel palazzo de' Medici, e per parere affezzionato scriveva quasi ogni

               settimana  a  Sua  Santità  entrando,  oltre  alle  cose  dell'arte,  ne'
               particolari de' cittadini e di chi ministrava il governo, con uffici odiosi
               e da recarsi più malivolenza addosso che egli non aveva prima. Là
               dove al duca Alessandro tornato dalla corte di sua maestà in Firenze

               furono  da'  cittadini  mostrati  i  sinistri  modi  che  Baccio  verso  di  loro
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