Page 135 - Giorgio Vasari
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quale, come che sia larga dieci braccia, e serva per tetto e coperta di
quella fabrica, è nondimeno tutta d'un pezzo solo, e tanto grande e
sconcio, che pare quasi impossibile che un sasso di quella sorte, di
peso di più di dugentomila libre, fusse tanto in alto collocato. Ma, per
tornare al proposito nostro, uscirono delle mani de' maestri di que'
tempi quei fantocci e quelle goffezze che nelle cose vecchie ancora
oggi appariscono.
Il medesimo avvenne dell'architettura; perché bisognando pur
fabricare, et essendo smarrita in tutto la forma e il modo buono per
gl'artefici morti e per l'opere distrutte e guaste, coloro che si diedero
a tale esercizio non edificavano cosa che per ordine o per misura
avesse grazia, né disegno, né ragion alcuna. Onde ne vennero a
risorgere nuovi architetti, che delle loro barbare nazioni fecero il
modo di quella maniera di edifizii, ch'oggi da noi son chiamati
tedeschi; i quali facevano alcune cose più tosto a noi moderni
ridicole, che a loro lodevoli; finché la miglior forma e alquanto alla
buona antica simile trovarono poi i migliori artefici, come si veggono
di quella maniera per tutta Italia le più vecchie chiese, e non antiche,
che da essi furono edificate, come da Teodorico re d'Italia un palazzo
in Ravenna, uno in Pavia, et un altro in Modena pur di maniera
barbara, e più tosto ricchi e grandi, che bene intesi o di buona
architettura. Il medesimo si può affermare di S. Stefano in Rimini, di
S. Martino di Ravenna, e del tempio di S. Giovanni Evangelista
edificato nella medesima città da Galla Placidia intorno agli anni di
nostra salute CCCCXXXVIII, di S. Vitale che fu edificato l'anno DXLVII,
e della Badia di Classi di fuori, et insomma di molti altri monasterii e
tempî edificati dopo i Longobardi. I quali tutti edifizii, come si è detto,
sono e grandi e magnifici, ma di goffissima architettura, e fra questi
sono molte badie in Francia edificate a S. Benedetto, e la chiesa e
monastero di Monte Casino, il tempio di S. Giovambatista a Monza,
fatto da quella Teodelinda, reina de' Gotti, alla quale S. Gregorio
papa scrisse i suoi Dialogi; nel qual luogo essa reina fece dipignere la
storia d'i Longobardi, dove si vedeva che eglino dalla parte di dietro
erano rasi, e dinanzi avevano le zazzere, e si tignevano fino al mento.
Le vestimenta erano di tela larga, come usarono gli Angli et i Sassoni,