Page 134 - Giorgio Vasari
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anni  Costante  II  imperatore  di  Costantinopoli;  e  ricevuto

               amorevolmente dai Romani, guastò, spogliò e portossi via tutto ciò
               che nella misera città di Roma era rimaso, più per sorte che per libera
               volontà  di  coloro  che  l'avevono  rovinata.  Bene  è  vero  che  e'  non
               potette  godersi  di  questa  preda,  perché  da  la  tempesta  del  mare

               trasportato nella Sicilia, giustamente occiso dai suoi, lasciò le spoglie,
               il regno e la vita tutto in preda della fortuna. La quale, non contenta
               ancora de' danni di Roma, perché le cose tolte non potessino tornarvi

               già mai, vi condusse un'armata di Saracini a' danni dell'isola; i quali e
               le robe de' Siciliani e le stesse spoglie di Roma se ne portorono in
               Alessandria,  con  grandissima  vergogna  e  danno  dell'Italia  e  del
               Cristianesimo: e così tutto quello che non avevano guasto i Pontefici,
               e  S.  Gregorio  massimamente  (il  quale  si  dice  che  messe  in  bando

               tutto il restante delle statue e delle spoglie degli edifizii), per le mani
               di  questo  sceleratissimo  greco  finalmente  capitò  male.  Di  maniera
               che,  non  trovandosi  più  né  vestigio  né  indizio  di  cosa  alcuna  che

               avesse del buono, gli uomini che vennono apresso, ritrovandosi rozzi
               e  materiali,  e  particularmente  nelle  pitture  e  nelle  sculture,  incitati
               dalla natura e assottigliati dall'aria, si diedero a fare non secondo le
               regole  dell'arti  predette,  ché  non  l'avevano,  ma  secondo  la  qualità
               degl'ingegni loro.

               Essendo,  dunque,  a  questo  termine  condotte  l'arti  del  disegno,  e

               inanzi e in quel tempo che signoreggiarono l'Italia i Longobardi, e poi,
               andarono  dopo  agevolmente,  sebben  alcune  cose  si  facevano,  in
               modo peggiorando che non si sarebbe potuto né più goffamente né
               con  manco  disegno  lavorar  di  quello  che  si  faceva;  come  ne

               dimostrano, oltr'a molte altre cose, alcune figure che sono nel portico
               di  S.  Piero  in  Roma  sopra  le  porte,  fatte  alla  maniera  greca,  per
               memoria d'alcuni Santi Padri, che per la S. Chiesa avevano in alcuni
               concilii  disputato;  ne  fanno  fede  similmente  molte  cose  dell'istessa

               maniera che nella città et in tutto l'Essarcato di Ravenna si veggiono;
               e particolarmente alcune che sono in S. Maria Ritonda fuor di quella
               città, fatte poco dopo che d'Italia furono cacciati i Longobardi: nella
               qual  chiesa  non  tacerò  che  una  cosa  si  vede  notabilissima  e

               maravigliosa,  e  questa  è  la  volta  o  vero  cupola  che  la  cuopre;  la
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