Page 132 - Giorgio Vasari
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imperio, ma la rovina del tutto e massimamente di Roma stessa; con
               la  quale  rovinarono  del  tutto  parimente  gli  eccellentissimi  artefici,
               scultori, pittori et architetti, lasciando l'arti e loro medesimi sotterrate
               e  sommerse  fra  le  miserabili  stragi  e  rovine  di  quella  famosissima
               città. E prima andarono in mala parte la pittura e la scoltura, come

               arti  che  più  per  diletto  che  per  altro  servivano;  e  l'altra,  cioè
               l'architettura,  come  necessaria  e  utile  alla  salute  del  corpo,  andò
               continuando,  ma  non  già  nella  sua  perfezzione  e  bontà;  e  se  non

               fusse  stato  che  le  sculture  e  le  pitture  rappresentavano  inanzi
               agl'occhi  di  chi  nasceva  di  mano  in  mano,  coloro  che  n'erano  stati
               onorati  per  dar  loro  perpetua  vita,  se  ne  sarebbe  tosto  spento  la
               memoria  dell'une  e  dell'altre.  Là  dove  alcune  ne  conservarono  per
               l'imagine  e  per  l'inscrizioni  poste  nell'architetture  private  e  nelle

               publiche,  cioè  negli  anfiteatri,  ne'  teatri,  nelle  terme,  negli
               acquedotti, ne' tempii, negli obelisci, ne' colossi, nelle piramidi, negli
               archi,  nelle  conserve,  e  negli  erarii,  e,  finalmente,  nelle  sepulture

               medesime;  delle  quali  furono  distrutte  una  gran  parte  da  gente
               barbara et efferata, che altro non avevano d'uomo che l'effigie e 'l
               nome.  Questi  fra  gli  altri  furono  i  Visigoti,  i  quali  avendo  creato
               Alarico  loro  re,  assalirono  l'Italia  e  Roma,  e  la  saccheggiorno  due
               volte e senza rispetto di cosa alcuna. Il medesimo fecero i Vandali

               venuti d'Affrica con Genserico loro re; il quale non contento alla roba
               e prede e crudeltà che vi fece, ne menò in servitù le persone con loro
               grandissima miseria, e con esse Eudossia moglie stata di Valentiniano

               imperatore, stato amazzato poco avanti dai suoi soldati medesimi; i
               quali, degenerati in grandissima parte dal valore antico romano per
               esserne  andati  gran  tempo  innanzi  tutti  i  migliori  in  Bisanzio  con
               Gostantino imperatore, non avevano più costumi né modi buoni nel
               vivere; anzi, avendo perduto in un tempo medesimo i veri uomini e

               ogni sorte di virtù, e mutate leggi, abito, nomi e lingue, tutte queste
               cose  insieme  e  ciascuna  per  sé  avevano  ogni  bell'animo  e  alto
               ingegno fatto bruttissimo e bassissimo diventare.

               Ma  quello  che,  sopra  tutte  le  cose  dette,  fu  di  perdita  e  danno
               infinitamente alle predette professioni, fu il fervente zelo della nuova

               religione cristiana, la quale, dopo lungo e sanguinoso combattimento,
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