Page 1337 - Giorgio Vasari
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giovani, tra' quali s'addomesticò molto con uno chiamato il Piloto, che
               riuscì  di  poi  valente  orefice  e  seco  andava  spesso  per  le  chiese
               disegnando  le  cose  de'  buoni  pittori,  ma  col  disegno  mescolava  il
               rilievo, contrafacendo in cera alcune cose di Donato e del Verrocchio,
               et alcuni lavori fece di terra di tondo rilievo. Essendo ancora Baccio

               nell'età  fanciullesca,  si  riparava  alcuna  volta  nella  bottega  di
               Girolamo del Buda, pittore ordinario su la piazza di San Pulinari, dove
               essendo  un  verno  venuta  gran  copia  di  neve  e  di  poi  dalla  gente

               ammontata  su  detta  piazza,  Girolamo  rivolto  a  Baccio  gli  disse  per
               ischerzo: "Baccio, se questa neve fussi marmo, non se ne caverebbe
               egli un bel gigante come Marforio a giacere?" "Caverebbesi", rispose
               Baccio,  "et  io  voglio  che  noi  facciamo  come  se  fusse  marmo."  E
               posata  prestamente  la  cappa,  messe  nella  neve  le  mani  e  da  altri

               fanciulli  aiutato,  scemando  la  neve  dove  era  troppa  et  altrove
               aggiugnendo, fece una bozza d'un Marforio di braccia otto a giacere,
               di che il pittore et ognuno restorono maravigliati, non tanto di ciò che

               egli  avesse  fatto,  quanto  dell'animo  che  egli  ebbe  di  mettersi  a  sì
               gran  lavoro  così  piccolo  e  fanciullo.  Et  invero  Baccio  avendo  più
               amore alla scultura che alle cose dell'orefice, ne mostrò molti disegni,
               et  andato  a  Pinzirimonte,  villa  comperata  da  suo  padre,  si  faceva
               stare  spesso  innanzi  i  lavoratori  ignudi  e  gli  ritraeva  con  grande

               affetto, il medesimo facendo degli altri bestiami del podere. In questo
               tempo continovò molti giorni d'andare la mattina a Prato vicino alla
               sua villa, dove stava tutto il giorno a disegnare nella cappella della

               pieve, opere di fra' Filippo Lippi, e non restò fino a tanto che e' l'ebbe
               disegnata tutta ne' panni immitando quel maestro in ciò raro; e già
               maneggiava destramente lo stile e la penna e la matita rossa e nera,
               la quale è una pietra dolce che viene de' monti di Francia, e segatele
               le  punte  conduce  i  disegni  con  molta  finezza.  Per  queste  cose,

               vedendo Michelagnolo l'animo e la voglia del figliuolo, mutò ancora
               egli con lui pensiero, et insieme consigliato dagli amici lo pose sotto
               la custodia di Giovanfrancesco Rustici, scultore de' migliori della città

               dove ancora di continovo praticava Lionardo da Vinci. Costui, veduti i
               disegni di Baccio e piaciutigli, lo confortò a seguitare et a prendere a
               lavorare  di  rilievo  e  gli  lodò  grandemente  l'opere  di  Donato,
               dicendogli che egli facesse qualche cosa di marmo, come o teste o di
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