Page 1331 - Giorgio Vasari
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In questo tempo che 'l Vinci stava a Roma e le dette cose faceva,
Luca Martini fu fatto dal Duca di Firenze proveditore di Pisa, e nel suo
ufficio non si scordò dell'amico suo, per che scrivendogli che gli
preparava la stanza e provvedeva un marmo di tre braccia, sì che egli
se ne tornasse a suo piacere, perciò che nulla gli mancherebbe
appresso di lui, il Vinci da queste cose invitato e dall'amore che a
Luca portava, si risolvé a partirsi di Roma e per qualche tempo
eleggere Pisa per sua stanza, dove stimava d'avere occasione
d'esercitarsi e di fare sperienza della sua virtù. Venuto addunque in
Pisa, trovò che 'l marmo era già nella stanza, acconcio secondo
l'ordine di Luca, e cominciando a volerne cavare una figura in piè,
s'avvedde che 'l marmo aveva un pelo, il quale lo scemava un
braccio. Per lo che risoluto a voltarlo a giacere, fece un fiume giovane
che tiene un vaso che getta acqua, et è il vaso alzato da tre fanciulli,
i quali aiutano a versare l'acqua il fiume e sotto i piedi a lui molta
copia d'acqua discorre, nella quale si veggono pesci guizzare et
uccelli acquatici in varie parti volare. Finito questo fiume, il Vinci ne
fece dono a Luca, il quale lo presentò alla Duchessa et a lei fu molto
caro perché allora, essendo in Pisa don Grazzia di Tolledo suo fratello
venuto con le galee, ella lo donò al fratello, il quale con molto piacere
lo ricevette per le fonti del suo giardino di Napoli a Chiaia.
Scriveva in questo tempo Luca Martini sopra la Commedia di Dante
alcune cose et avendo mostrata al Vinci la crudeltà descritta da
Dante, la quale usorono i Pisani e l'arcivescovo Ruggeri contro al
conte Ugolino della Gherardesca, facendo lui morire di fame con
quattro suoi figliuoli nella torre, perciò cognominata della fame, porse
occasione e pensiero al Vinci di nuova opera e di nuovo disegno.
Però, mentre che ancora lavorava il sopra detto fiume, messe mano a
fare una storia di cera per gettarla di bronzo alta più d'un braccio e
larga tre quarti, nella quale fece due de' figliuoli del conte morti, uno
in atto di spirare l'anima, uno che vinto dalla fame è presso
all'estremo non pervenuto ancora all'ultimo fiato; il padre in atto
pietoso e miserabile, cieco e di dolore pieno va brancolando sopra i
miseri corpi de' figliuoli distesi in terra. Non meno in questa opera
mostrò il Vinci la virtù del disegno che Dante ne' suoi versi mostrasse