Page 1330 - Giorgio Vasari
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molte cose. In questo tempo il Tribolo, avendo preso l'ufficio del
capomaestro delle fogne della città di Firenze, secondo il quale ufficio
ordinò che la fogna della piazza vecchia di Santa Maria Novella
s'alzasse da terra, acciò che più essendo capace, meglio potesse
ricevere tutte l'acque che da diverse parti a lei concorrono, per
questo addunque commesse al Vinci, che facesse un modello d'un
mascherone di tre braccia il quale, aprendo la bocca, inghiottisse
l'acque piovane. Di poi per ordine degli ufficiali della torre, allogata
quest'opera al Vinci, egli, per condurla più presto chiamato Lorenzo
Marignolli scultore, in compagnia di costui la finì in un sasso di pietra
forte, e l'opera è tale, che con utilità non piccola della città tutta
quella piazza adorna.
Già pareva al Vinci avere acquistato tanto nell'arte, che il vedere le
cose di Roma maggiori et il praticare cogli artefici che sono quivi
eccellentissimi, gli apporterebbe gran frutto; però porgendosi
occasione d'andarvi, la prese volentieri. Era venuto Francesco Bandini
da Roma, amicissimo di Michelagnolo Buonarroti; costui per mezzo di
Luca Martini conosciuto il Vinci, e lodatolo molto, gli fece fare un
modello di cera d'una sepoltura, la quale voleva fare di marmo alla
sua cappella in Santa Croce, e poco dopo, nel suo ritorno a Roma,
perciò che il Vinci aveva scoperto l'animo suo a Luca Martini, il
Bandino lo menò seco, dove studiando tuttavia dimorò un anno e
fece alcune opere degne di memoria. La prima fu un Crocifisso di
basso rilievo, che rende l'anima al Padre, ritratto da un disegno fatto
da Michelagnolo. Fece al cardinal Ridolfi un petto di bronzo per una
testa antica et una Venere di basso rilievo di marmo, che fu molto
lodato. A Francesco Bandini racconciò un cavallo antico, al quale
molti pezzi mancavano e lo ridusse intero. Per mostrare ancora
qualche segno di gratitudine, dove egli poteva, inverso Luca Martini,
il quale gli scriveva ogni spaccio e lo raccomandava di continovo al
Bandino, parve al Vinci di far di cera tutto tondo e di grandezza di
dua terzi il Moisè di Michelagnolo, il quale è in San Piero in Vincola
alla sepoltura di papa Giulio Secondo, che non si può vedere opera
più bella di quella. Così fatto di cera il Moisè, lo mandò a donare a
Luca Martini.