Page 1324 - Giorgio Vasari
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tutto lo spartimento del monte in quel modo che egli sta,
accomodando tutte le cose con bel giudizio ai luoghi loro, se ben poi
alcune cose sono state mutate in molte parti del giardino. Del qual
palazzo de' Pitti, che è il più bello d'Europa, si parlerà altra volta con
migliore occasione. Dopo queste cose fu mandato il Tribolo da sua
eccellenza nell'isola dell'Elba, non solo perché vedesse la città e porto
che vi aveva fatta fare, ma ancora perché desse ordine di condurre
un pezzo di granito tondo di dodici braccia per diametro, del quale si
aveva a fare una tazza per lo prato grande de' Pitti, la quale
ricevesse l'acqua della fonte principale. Andato dunque colà il Tribolo
e fatta fare una scafa a posta per condurre questa tazza et ordinato
agli scarpellini il modo di condurla, se ne tornò a Fiorenza, dove non
fu sì tosto arivato, che trovò ogni cosa piena di romori e maladizioni
contra di sé, avendo di que' giorni le piene et inondazioni fatto
grandissimi danni intorno a que' fiumi che egli aveva rassettati, ancor
che forse non per suo difetto in tutto fusse ciò avenuto. Comunche
fusse, o la malignità d'alcuni ministri e forse l'invidia, o che pure fusse
così il vero, fu di tutti que' danni data la colpa al Tribolo, il quale non
essendo di molto animo et anzi scarso di partiti che no, dubitando
che la malignità di qualcuno non gli facesse perdere la grazia del
Duca, si stava di malissima voglia, quando gli sopragiunse, essendo
di debole complessione, una grandissima febre a dì 20 d'agosto,
l'anno 1550, nel qual tempo, essendo Giorgio in Firenze per far
condurre a Roma i marmi delle sepolture che papa Giulio Terzo fece
fare in San Piero a Montorio, come quelli che veramente amava la
virtù del Tribolo lo visitò e confortò, pregandolo che non pensasse se
non alla sanità e che guarito si ritraesse a finire l'opera di Castello,
lasciando andare i fiumi, che più tosto potevano affogargli la fama
che fargli utile o onore nessuno. La qual cosa come promise di voler
fare, arebbe, mi credo io, fatta per ogni modo se non fusse stato
impedito dalla morte, che gli chiuse gl'occhi a dì 7 settembre del
medesimo anno. E così l'opere di Castello, state da lui cominciate e
messe inanzi, rimasero imperfette perciò che, se bene si è lavorato
dopo lui ora una cosa et ora un'altra, non però vi si è mai atteso con
quella diligenza e prestezza che si faceva vivendo il Tribolo e quando