Page 1320 - Giorgio Vasari
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voleva il Tasso, il quale era architettore di palazzo e faceva ogni cosa.
Costoro dunque avendo alcun sospetto di esso Giorgio, il quale si
rideva di quella loro vanità e sciocchezze e più cercava di farsi da
qualcosa mediante gli studii dell'arte, che con favore, non pensavano
al fatto suo, quando gli fu dato ordine dal signor Duca che facesse la
detta tela con la già detta invenzione. La quale opera egli condusse
in sei giorni di chiaro scuro e la diede finita in quel modo che sanno
coloro che videro quanta grazia et ornamento ella diede a tutto
quello apparato e quanto ella rallegrasse quella parte, che più
n'aveva bisogno in quel tempio e nelle magnificenze di quella festa.
Si portò dunque tanto bene il Tribolo, per tornare oggimai onde mi
sono, non so come, partito, che ne meritò somma lode, et una gran
parte degl'ornamenti, che fece fra le colonne, volse il Duca che vi
fussero lasciati, e vi sono ancora e meritamente. Fece il Tribolo alla
villa di Cristofano Rinieri a Castello, mentre che attendeva alle fonti
del Duca, sopra un vivaio, che è in cima a una ragnaia, in una nicchia
un fiume di pietra bigia grande quanto il vivo, che getta acqua in un
pilo grandissimo della medesima pietra; il qual fiume, che è fatto di
pezzi, è commesso con tanta arte e diligenza, che pare tutto d'un
pezzo. Mettendo poi mano il Tribolo per ordine di sua eccellenza voler
finire le scale della libreria di San Lorenzo, cioè quelle che sono nel
ricetto dinanzi alla porta, messi che n'ebbe quattro scaglioni, non
ritrovando né il modo, né le misure di Michelagnolo, con ordine del
Duca andò a Roma, non solo per intendere il parere di Michelagnolo
intorno alle dette scale, ma per far opera di condurre lui a Firenze.
Ma non gli riuscì né l'uno, né l'altro, perciò che non volendo
Michelagnolo partire di Roma con bel modo si licenziò, e quanto alle
scale mostrò non ricordarsi più né di misure né d'altro. Il Tribolo
dunque, essendo tornato a Firenze e non potendo seguitare l'opera
delle dette scale, si diede a far il pavimento della detta libreria di
mattoni bianchi e rossi, sì come alcuni pavimenti che aveva veduti in
Roma, ma vi aggiunse un ripieno di terra rossa nella terra bianca,
mescolata col bolo per fare diversi intagli in que' mattoni. E così
questo pavimento fece ribattere tutto il palco e soffittato di sopra,
che fu cosa molto lodata. Cominciò poi e non finì, per mettere nel