Page 1313 - Giorgio Vasari
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suo  luogo.  Dalla  bocca  del  quale  Anteo,  in  cambio  dello  spirito,
               disegnò  che  dovesse  uscire,  et  esce,  per  una  canna  acqua  in  gran
               copia, la quale acqua è quella del condotto grande della Pretaia, che
               vien gagliarda e saglie dal piano, dove sono le scale, braccia sedici, e
               ricascando nella tazza maggiore fa un vedere maraviglioso. In questo

               acquidotto medesimo vengono adunque non solo le dette acque della
               Pretaia, ma ancor quelle che vanno al vivaio et alla grotta, e queste,
               unite con quelle della Castellina, vanno alle fonti della Falterona e di

               Monte Asinaio e quindi a quelle d'Arno e Mugnone come si è detto e
               di  poi,  riunite  alla  fonte  del  laberinto,  vanno  al  mezzo  della  fonte
               grande,  dove  sono  i  putti  con  l'oche.  Di  qui  poi  arebbono  a  ire,
               secondo il disegno del Tribolo, per due condotti ciascuno da per sé ne'
               pili delle logge et alle tavole e poi ciascuna al suo orto segreto. Il

               primo de' quali orti, verso ponente, è tutto pieno d'erbe straordinarie
               e  medicinali,  onde  al  sommo  di  quest'acqua,  nel  detto  giardino  di
               semplici, nel nicchio della fontana dietro a un pilo di marmo, arebbe a

               essere  una  statua  d'Esculapio.  Fu  dunque  la  sopra  detta  fonte
               maggiore tutta finita di marmo dal Tribolo e ridotta a quella estrema
               perfezzione, che si può in opera di questa sorte disiderare migliore.
               Onde credo che si possa dire con verità ch'ella sia la più bella fonte e
               la più ricca, proporzionata e vaga che sia stata fatta mai. Perciò che

               nelle figure, nei vasi, nelle tazze et insomma per tutto, si vede usata
               diligenza et industria straordinaria. Poi il Tribolo, fatto il modello della
               detta statua d'Esculapio, cominciò a lavorare il marmo, ma impedito

               da  altre  cose  lasciò  imperfetta  quella  figura,  che  poi  fu  finita  da
               Antonio  di  Gino,  scultore  e  suo  discepolo.  Dalla  banda  di  verso
               levante,  in  un  pratello  fuor  del  giardino,  acconciò  il  Tribolo  una
               quercia  molto  artifiziosamente,  perciò  che,  oltre  che  è  in  modo
               coperta di sopra e d'intorno d'ellera intrecciata fra i rami, che pare un

               foltissimo  boschetto,  vi  si  saglie  con  una  commoda  scala  di  legno
               similmente coperta, in cima della quale nel mezzo della quercia è una
               stanza quadra con sederi intorno e con appoggiatoi di spalliere tutte

               di verzura viva, e nel mezzo una tavoletta di marmo, con un vaso di
               mischio nel mezzo. Nel quale, per una canna viene e schizza a l'aria
               molta acqua e per un'altra la caduta si parte, le quali canne vengono
               su per lo piede della quercia in modo coperte dall'ellera, che non si
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