Page 1292 - Giorgio Vasari
P. 1292
don Ferrante, fra i quali era un colosseo, stato intagliato in rame da
Girolamo Fagiuoli bolognese per Antonio Salamanca, che l'aveva
tirato in prospettiva Domenico, et un vecchio nel carruccio disegnato
dal medesimo e stato messo in stampa, con lettere che dicono:
Ancora imparo; et in quadretto il ritratto di esso don Martino, gli
mandò poco appresso Domenico, come volle il detto signor don
Ferrante, al quale erano molto piacciute le cose di quel giovane.
Arrivato dunque Domenico in Sicilia, gli fu assegnata orrevole
provisione e cavallo e servitore a spese di don Ferrante, né molto
dopo fu messo a travagliare sopra le muraglie e fortezze di Sicilia, là
dove lasciato a poco a poco il dipignere, si diede ad altro, che gli fu
per un pezzo più utile, perché, servendosi come persona d'ingegno
d'uomini che erano molto a proposito, per far fatiche con tener bestie
da soma in man d'altri, e far portar rena, calcina e far fornaci, non
passò molto che si trovò avere avanzato tanto che poté comperare in
Roma ufficii per duemila scudi, e poco appresso degl'altri. Dopo,
essendo fatto guardaroba di don Ferrante, avvenne che quel signor fu
levato dal governo di Sicilia e mandato a quello di Milano, per che
andato seco Domenico, adoperandosi nelle fortificazioni di quello
stato, si fece con l'essere industrioso, et anzi misero che no,
richissimo. E, che è più, venne in tanto credito che egli in quel
reggimento governava quasi il tutto. La qual cosa sentendo Niccolò,
che si trovava in Arezzo già vecchio, bisognoso e senza avere alcuna
cosa da lavorare, andò a ritrovare Domenico a Milano, pensando che
come non aveva egli mancato a Domenico quando era giovanetto,
così non dovesse Domenico mancare a lui, anzi servendosi dell'opera
sua là dove aveva molti al suo servigio, potesse e dovesse aiutarlo in
quella sua misera vecchiezza. Ma egli si avide con suo danno che
gl'umani giudicii, nel promettersi troppo d'altrui, molte volte
s'ingannano e che gl'uomini che mutano stato, mutano eziandio il più
delle volte natura e volontà. Perciò che arrivato Niccolò a Milano,
dove trovò Domenico in tanta grandezza, che durò non picciola fatica
a potergli favellare, gli contò tutte le sue miserie, pregandolo
appresso che servendosi di lui, volesse aiutarlo. Ma Domenico, non si
ricordando, o non volendo ricordarsi con quanta amorevolezza fusse