Page 1291 - Giorgio Vasari
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disegnare, di maniera che già in tutte queste parti riusciva bonissimo
e di bello e buono ingegno. E ciò faceva Niccolò, oltre all'essere
spinto dall'affezione et amore che a quel giovane portava, con
isperanza, essendo già vicino alla vecchiezza, d'avere chi l'aiutasse e
gli rendesse negl'ultimi anni il cambio di tante amorevolezze e
fatiche. E di vero fu Niccolò amorevolissimo con ognuno e di natura
sincero e molto amico di coloro che s'affaticavano per venire da
qualche cosa nelle cose dell'arte; e quello che sapeva l'insegnava più
che volentieri.
Non passò molto dopo queste cose, essendo da Marciano tornato in
Arezzo Niccolò e da lui partitosi Domenico, che s'ebbe a dare dagli
uomini della Compagnia del Corpo di Cristo di quella città a dipignere
una tavola per l'altare maggiore della chiesa di San Domenico, per
che disiderando di farla Niccolò e parimente Giorgio Vasari allora
giovinetto, fece Niccolò quello che per aventura non farebbono oggi
molti dell'arte nostra. E ciò fu che, veggendo egli, il quale era uno
degli uomini della detta Compagnia, che molti per tirarlo inanzi si
contentavano di farla fare a Giorgio e che egli n'aveva disiderio
grandissimo, si risolvé, veduto lo studio di quel giovinetto, deposto il
bisogno e disiderio proprio, di far sì che i suoi compagni l'allogassino
a Giorgio; stimando più il frutto che quel giovane potea riportare di
quell'opera, che il suo proprio utile et interesse. E come egli volle,
così fecero a punto gli uomini di detta Compagnia. In quel mentre
Domenico Giuntalochi essendo andato a Roma, fu di tanto benigna la
fortuna che, conosciuto da don Martino ambasciatore del re di
Portogallo, andò a star seco e gli fece una tela, con forse venti ritratti
di naturale, tutti suoi familiari et amici e lui in mezzo di loro a
ragionare. La quale opera tanto piacque a don Martino, che egli
teneva Domenico per lo primo pittore del mondo. Essendo poi fatto
don Ferrante Gonzaga viceré di Sicilia e desiderando per fortificare i
luoghi di quel regno d'avere appresso di sé un uomo che disegnasse e
gli mettesse in carta tutto quello che andava giornalmente pensando,
scrisse a don Martino che gli provedesse un giovane, che in ciò
sapesse e potesse servirlo, e quanto prima glielo mandasse. Don
Martino adunque, mandati prima certi disegni di mano di Domenico a