Page 1286 - Giorgio Vasari
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a quella del popolo romano e quella del detto cardinale. Nella quale
               opera  Niccolò  si  portò  non  molto  bene,  perché  nelle  figure  d'alcuni
               ignudi  che  vi  sono  et  in  alcune  vestite,  fatte  per  ornamento  di
               quell'armi, cognobbe Niccolò che lo studio de' modegli è cattivo a chi
               vuol pigliare buona maniera. Scoperta dunque che fu quell'opera, la

               quale  non  riuscì  di  quella  bontà  che  molti  s'aspettavano,  si  mise
               Niccolò  a  lavorare  un  quadro  a  olio,  nel  quale  fece  S.  Prassedia
               martire  che  preme  una  spugna  piena  di  sangue  in  un  vaso;  e  la

               condusse  con  tanta  diligenza,  che  ricuperò  in  parte  l'onore  che  gli
               pareva avere perduto nel fare la sopra detta arme. Questo quadro, il
               quale fu fatto per lo detto cardinale di Monte, titolare di S. Prassedia,
               fu posto nel mezzo di quella chiesa, sopra un altare, sotto il quale è
               un  pozzo  di  sangue  di  Santi  martiri,  e  con  bella  considerazione,

               alludendo la pittura al luogo dove era il sangue de' detti martiri. Fece
               Niccolò dopo questo, in un altro quadro alto tre quarti di braccio, al
               detto cardinale suo padrone, una Nostra Donna a olio col Figliuolo in

               collo, San Giovanni piccolo fanciullo et alcuni paesi, tanto bene e con
               tanta  diligenza,  che  ogni  cosa  pare  miniato  e  non  dipinto.  Il  quale
               quadro,  che  fu  delle  migliori  cose  che  mai  facesse  Niccolò,  stette
               molti anni in camera di quel prelato. Capitando poi quel cardinale in
               Arezzo  et  alloggiando  nella  Badia  di  Santa  Fiore,  luogo  de'  monaci

               neri di San Benedetto, per le molte cortesie che gli furono fatte, donò
               il detto quadro alla sagrestia di quel luogo, nella quale si è infino a
               ora  conservato  e  come  buona  pittura  e  per  memoria  di  quel

               cardinale;  col  quale  venendo  Niccolò  anch'egli  ad  Arezzo  e
               dimorandovi  poi  quasi  sempre,  allora  fece  amicizia  con  Domenico
               Pecori pittore, il quale allora faceva in una tavola della Compagnia
               della Trinità la Circoncisione di Cristo, e fu sì fatta la dimestichezza
               loro, che Niccolò fece in questa tavola a Domenico un casamento in

               prospettiva di colonne con archi e girando sostengono un palco fatto,
               secondo  l'uso  di  que'  tempi,  pieno  di  rosoni,  che  fu  tenuto  allora
               molto bello. Fece il medesimo al detto Domenico a olio, in sul drappo,

               un tondo d'una Nostra Donna con un popolo sotto, per il baldacchino
               della  Fraternita  d'Arezzo,  il  quale,  come  si  è  detto  nella  vita  di
               Domenico  Pecori,  si  abruciò  per  una  festa  che  si  fece  in  San
               Francesco.
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