Page 1281 - Giorgio Vasari
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nella sua vita, et astretto Giovanni Antonio a restituire i danari, se
               gl'amici  e  particolarmente  Giorgio  Vasari,  che  stimò  trecento  scudi
               quello  che  avea  lasciato  finito  il  Rosso,  non  l'avessero  aiutato,
               sarebbe  Giovan  Antonio  poco  meno  che  rovinato  per  fare  onore  et
               utile  alla  patria.  Passati  que'  travagli,  fece  il  Lappoli  per  l'abbate

               Camaiani  di  Bibbiena,  a  Santa  Maria  del  Sasso,  luogo  de'  frati
               predicatori  in  Casentino,  in  una  cappella  nella  chiesa  di  sotto,  una
               tavola a olio dentrovi la Nostra Donna, San Bartolomeo e S. Matia; e

               si  portò  molto  bene  contrafacendo  la  maniera  del  Rosso.  E  ciò  fu
               cagione  che  una  Fraternita  in  Bibbiena  gli  fece  poi  fare,  in  un
               gonfalone da portare a processione, un Cristo nudo con la croce in
               ispalla, che versa sangue nel calice, e dall'altra banda una Nunziata,
               che fu delle buone cose che facesse mai. L'anno 1534, aspettandosi il

               duca  Alessandro  de'  Medici  in  Arezzo,  ordinarono  gl'Aretini  e  Luigi
               Guicciardini  commessario  in  quella  città,  per  onorare  il  Duca,  due
               comedie. D'una erano festaiuoli e n'avevano cura una compagnia de'

               più  nobili  giovani  della  città  che  si  facevano  chiamare  gl'Umidi,  e
               l'apparato e scena di questa, che fu una comedia degli Intronati da
               Siena,  fece  Niccolò  Soggi,  che  ne  fu  molto  lodato,  e  la  comedia  fu
               recitata  benissimo  e  con  infinita  sodisfazione  di  chiunque  la  vidde.
               Dell'altra erano festaiuoli a concorrenza un'altra compagnia di giovani

               similmente  nobili,  che  si  chiamava  la  Compagnia  degl'Infiammati.
               Questi  dunque,  per  non  esser  meno  lodati  che  si  fussino  stati
               gl'Umidi, recitando una comedia di Messer Giovanni Polastra, poeta

               aretino, guidata da lui medesimo, fecero far la prospettiva a Giovan
               Antonio,  che  si  portò  sommamente  bene.  E  così  la  comedia  fu  con
               molto onore di quella compagnia e di tutta la città recitata. Né tacerò
               un bel capriccio di questo poeta, che fu veramente uomo di bellissimo
               ingegno. Mentre che si durò a fare l'apparato di queste et altre feste,

               più volte si era fra i giovani dell'una e l'altra Compagnia, per diverse
               cagioni  e  per  la  concorrenza,  venuto  alle  mani  e  fattosi  alcuna
               quistione, per che il Polastra, avendo menato la cosa secretamente

               affatto, ragunati che furono i popoli e i gentiluomini e le gentildonne
               dove si aveva la comedia a recitare, quattro di que' giovani, che altre
               volte  si  erano  per  la  città  affrontati,  usciti  con  le  spade  nude  e  le
               cappe  imbracciate,  cominciarono  in  sulla  scena  a  gridare  e  fingere
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