Page 1282 - Giorgio Vasari
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d'ammazzarsi,  et  il  primo  che  si  vidde  di  loro  uscì  con  una  tempia
               fintamente insanguinata gridando: "Venite fuora, traditori". Al quale
               rumore, levatosi tutto il popolo in piedi e cominciandosi a cacciar la
               mano  all'armi,  i  parenti  de'  giovani,  che  mostravano  di  tirarsi
               coltellate terribili, correvano alla volta della scena, quando il primo

               che  era  uscito,  voltosi  agl'altri  giovani,  disse:  "Fermate,  signori;
               rimettete dentro le spade, che non ho male et ancora che siamo in
               discordia e crediate che la comedia non si faccia, ella si farà, e così

               ferito come sono, vo cominciare il prologo". E così, dopo questa burla,
               alla  quale  rimasono  colti  tutti  i  spettatori  e  gli  strioni  medesimi,
               eccetto i quattro sopra detti, fu cominciata la comedia e tanto bene
               recitata,  che  l'anno  poi  1540  quando  il  signor  duca  Cosimo  e  la
               signora  duchessa  Leonora  furono  in  Arezzo,  bisognò  che

               Giovann'Antonio, di nuovo facendo la prospettiva in sulla piazza del
               vescovado, la facesse recitare a loro eccellenze, e sì come altra volta
               erano  i  recitatori  di  quella  piaciuti,  così  tanto  piacquero  allora  al

               signor  Duca,  che  furono  poi,  il  carnovale  vegnente,  chiamati  a
               Fiorenza  a  recitare.  In  queste  due  prospettive  adunque  si  portò  il
               Lappoli molto bene e ne fu sommamente lodato.

               Dopo fece un ornamento a uso d'arco trionfale, con istorie di color di
               bronzo, che fu messo intorno all'altare della Madonna delle Chiave.
               Essendosi poi fermo Giovan Antonio in Arezzo, con proposito, avendo

               moglie  e  figliuoli,  di  non  andar  più  attorno,  e  vivendo  d'entrate  e
               degl'uffizii,  che  in  quella  città  godono  i  cittadini  di  quella  si  stava
               senza  molto  lavorare.  Non  molto  dopo  queste  cose,  cercò  che  gli
               fussero allogate due tavole, che s'avevano a fare in Arezzo, una nella

               chiesa  e  compagnia  di  S.  Rocco,  e  l'altra  all'altare  maggiore  di  S.
               Domenico, ma non gli riuscì; perciò che l'una e l'altra fu fatta fare a
               Giorgio Vasari, essendo il suo disegno, fra molti che ne furono fatti,
               più di tutti gli altri piaciuto.

               Fece  Giovann'Antonio  per  la  Compagnia  dell'Ascensione  di  quella
               città, in un golfalone da portare a processione, Cristo che risuscita,

               con molti soldati intorno al sepolcro, et il suo ascendere in cielo, con
               la Nostra Donna in mezzo a' dodici Apostoli, il che fu fatto molto bene
               e con diligenza. Nel castello della Pieve fece, in una tavola a olio, la
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