Page 1278 - Giorgio Vasari
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si attenne più tosto il Lappoli agl'altri che a quelli dell'arte, da' quali
               arebbe potuto molto imparare et in un medesimo tempo trattenersi.
               Per questi impedimenti, adunque, si raffreddò in gran parte la voglia
               che  aveva  mostrato  d'avere  della  pittura  in  Giovan  Antonio,  ma
               tuttavia essendo amico di Pier Francesco di Iacopo di Sandro, il quale

               era  discepolo  d'Andrea  del  Sarto,  andava  alcuna  volta  a  disegnare
               seco nello Scalzo e pitture et ignudi di naturale. E non andò molto
               che,  datosi  a  colorire,  condusse  de'  quadri  di  Iacopo,  e  poi  da  sé

               alcune Nostre Donne e ritratti di naturale, fra i quali fu quello di detto
               Messer  Antonio  da  Lucca  e  quello  di  ser  Raffaello,  che  sono  molto
               buoni. Essendo poi l'anno 1523 la peste in Roma, se ne venne Perino
               del Vaga a Fiorenza, e cominciò a tornarsi anch'egli con ser Raffaello
               del  Zoppo,  per  che,  avendo  fatta  seco  Giovan  Antonio  stretta

               amicizia, avendo conosciuta la virtù di Perino, se gli ridestò nell'animo
               il  pensiero  di  volere,  lasciando  tutti  gl'altri  piaceri,  attendere  alla
               pittura,  e  cessata  la  peste  andare  con  Perino  a  Roma.  Ma  non  gli

               venne  fatto  perché,  venuta  la  peste  in  Fiorenza,  quando  appunto
               avea  finito  Perino  la  storia  di  chiaro  scuro  della  sommersione  di
               faraone nel Mar Rosso, di color di bronzo, per ser Raffaello, al quale
               fu sempre presente il Lappoli, furono forzati l'uno e l'altro per non vi
               lasciare  la  vita,  partirsi  di  Firenze.  Onde  tornato  Giovan  Antonio  in

               Arezzo si mise, per passar tempo, a fare in una storia in tela la morte
               d'Orfeo, stato ucciso dalle Baccanti; si mise, dico, a fare questa storia
               in color di bronzo di chiaro scuro nella maniera che avea veduto fare

               a Perino la sopra detta; la quale opera finita gli fu lodata assai. Dopo
               si  mise  a  finire  una  tavola,  che  Domenico  Pecori  già  suo  maestro
               aveva  cominciata  per  le  monache  di  Santa  Margherita;  nella  quale
               tavola,  che  è  oggi  dentro  al  monasterio,  fece  una  Nunziata.  E  due
               cartoni  fece  per  due  ritratti  di  naturale  dal  mezzo  in  su,  bellissimi:

               uno  fu  Lorenzo  d'Antonio  di  Giorgio,  allora  scolare  e  giovane
               bellissimo,  e  l'altro  fu  ser  Piero  Guazzesi,  che  fu  persona  di  buon
               tempo.  Cessata  finalmente  alquanto  la  peste,  Cipriano  d'Anghiani,

               uomo ricco in Arezzo, avendo fatta murare di que' giorni nella Badia
               di  Santa  Fiore  in  Arezzo  una  cappella  con  ornamenti  e  colonne  di
               pietra serena, allogò la tavola a Giovan Antonio per prezzo di scudi
               cento. Passando in tanto per Arezzo il Rosso, che se n'andava a Roma
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