Page 1251 - Giorgio Vasari
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cominciato, dicendo non volere che le sue pitture servissino per fare

               ornamento  ad  altri  maestri.  Laonde  si  rimase  per  lui  imperfetta
               quell'opera, e Giovan Antonio la seguitò tanto che egli vi fece quattro
               tavole, le quali parendo poi a Sebastiano della Seta, nuovo Operaio,
               tutte in una medesima maniera e più tosto manco belle della prima,

               ne allogò a Domenico Beccafumi sanese, dopo la prova di certi quadri
               che  egli  fece  intorno  alla  sagrestia  che  son  molto  belli,  una  tavola
               ch'egli fece in Pisa. La quale non sodisfacendoli come i quadri primi,

               ne fecero fare due ultime, che vi mancavano, a Giorgio Vasari aretino,
               le quali furono poste alle due porte accanto alle mura delle cantonate
               nella  facciata  dinanzi  della  chiesa.  De  le  quali  insieme  con  le  altre
               molte opere grandi e piccole, sparse per Italia e fuora in più luoghi,
               non conviene che io parli altramenti, ma ne lascerò il giudizio libero a

               chi  le  ha  vedute  o  vedrà.  Dolse  veramente  quest'opera  a  Perino,
               avendo già fatti i disegni, che erano per riuscire cosa degna di lui e
               da  far  nominare  quel  tempio,  oltre  all'antichità  sue,  molto

               maggiormente, e da fare immortale Perino ancora.
               Era a Perino nel suo dimorare tanti anni in Genova, ancora che egli ne

               cavasse utilità e piacere, venutagli a fastidio, ricordandosi di Roma
               nella  felicità  di  Leone.  E  quantunque  egli  nella  vita  del  cardinale
               Ippolito de' Medici avesse avuto lettere di servirlo e si fusse disposto
               a farlo, la morte di quel signore fu cagione che così presto egli non si

               rimpaniassi.  Stando  dunque  le  cose  in  questo  termine  e  molti  suoi
               amici  procurando  il  suo  ritorno,  et  egli  infinitamente  più  di  loro,
               andarono  più  lettere  in  volta,  et  in  ultimo  una  mattina  gli  toccò  il
               capriccio, e senza far motto partì di Pisa et a Roma si condusse. Dove

               fattosi  conoscere  al  reverendissimo  cardinale  Farnese  e  poi  a  papa
               Paulo,  sté  molti  mesi  che  egli  non  fece  niente:  prima,  perché  era
               trattenuto  d'oggi  in  domane,  e  poi,  perché  gli  venne  male  in  un
               braccio, di sorte che egli spese parecchi centinaia di scudi, senza il

               disagio, inanzi che ne potesse guarire; per il che, non avendo chi lo
               trattenesse,  fu  tentato  per  la  poca  carità  della  corte  partirsi  molte
               volte; pure, il Molza e molti altri suoi amici lo confortavano ad aver
               pacienza, con dirgli che Roma non era più quella, e che ora ella vuole

               che  un  sia  stracco  et  infastidito  da  lei  innanzi  ch'ella  l'elegga  et
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