Page 1243 - Giorgio Vasari
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suoi cavalli e co' suoi carri: dove Perino fece attitudini bellissime di
               figure, chi nuota armato e chi ignudo, altri, abbracciando il collo a'
               cavalli, bagnati le barbe et i capelli, nuotano e gridano per la paura
               della morte, cercando il più che possono di scampare; da l'altra parte
               del  mare  vi  è  Mosè,  Aron  e  gli  altri  Ebrei,  maschi  e  femmine,  che

               ringraziano  Iddio;  et  un  numero  di  vasi,  ch'egli  finge  che  abbino
               spogliato  l'Egitto,  con  bellissimi  garbi  e  varie  forme,  e  femine  con
               acconciature  di  testa  molto  varie,  la  quale  finita  lasciò  per

               amorevolezza  a  ser  Raffaello;  al  quale  fu  cara  tanto,  quanto  se  gli
               avesse lassato il priorato di San Lorenzo. La qual tela fu tenuta di poi
               in  pregio  e  lodata,  e  dopo  la  morte  di  ser  Raffaello  rimase,  con  le
               altre sue robe, a Domenico di Sandro, pizzicagnolo, suo fratello.

               Partendo  dunque  di  Firenze,  Perino  lasciò  in  abbandono  l'opera  de'
               Martiri, della quale rincrebbe grandemente; e certo se ella fusse stata

               in altro luogo che in Camaldoli, l'arebbe egli finita; ma considerato
               che gli uffiziali della sanità avevano preso per gli appestati lo stesso
               convento di Camaldoli, volle più tosto salvare sé che lasciar fama in
               Fiorenza,  bastandoli  aver  mostrato  quanto  e'  valeva  nel  disegno.

               Rimase  il  cartone  e  l'altre  sue  robe  a  Giovanni  di  Goro  orefice  suo
               amico, che si morì nella peste; e dopo lui pervenne nelle mani del
               Piloto,  che  lo  tenne  molti  anni  spiegato  in  casa  sua,  mostrandolo
               volentieri a ogni persona d'ingegno come cosa rarissima; ma non so

               già  dove  e'  si  capitasse  dopo  la  morte  del  Piloto.  Stette  fuggiasco
               molti mesi dalla peste Perino in più luoghi, né per questo spese mai il
               tempo indarno che egli continovamente non disegnasse e studiasse
               cose dell'arte; e cessata la peste se ne tornò a Roma et attese a far

               cose piccole, le quali io non narrerò altrimenti.
               Fu l'anno 1523 creato papa Clemente Settimo, che fu un grandissimo

               refrigerio all'arte della pittura e della scultura, state da Adriano Sesto,
               mentre  che  e'  visse,  tenute  tanto  basse,  che  non  solo  non  si  era
               lavorato  per  lui  niente,  ma  non  se  ne  dilettando,  anzi  più  tosto
               avendole  in  odio,  era  stato  cagione  che  nessuno  altro  se  ne

               dilettasse,  o  spendesse,  o  trattenesse  nessuno  artefice,  come  si  è
               detto  altre  volte.  Per  il  che  Perino  allora  fece  molte  cose  nella
               creazione del nuovo Pontefice.
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