Page 1238 - Giorgio Vasari
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ingegno suo in quel mestiero; e se ne tenne molto più conto e
maggiore stima, che prima non si era fatto.
E per questa cagione Lorenzo Pucci cardinale Santiquattro, avendo
preso alla Trinità, convento de' frati calavresi e franciosi che vestono
l'abito di San Francesco di Paula, una cappella a man manca allato
alla cappella maggiore, la allogò a Perino, acciò che in fresco vi
dipignesse la vita della Nostra Donna. La quale cominciata da lui, finì
tutta la volta et una facciata sotto un arco; e così fuor di quella, sopra
un arco della cappella, fece due Profeti grandi di quattro braccia e
mezzo, figurando Isaia e Daniel, i quali nella grandezza loro mostrano
quell'arte e bontà di disegno e vaghezza di colore, che può
perfettamente mostrare una pittura fatta da artefice grande. Come
apertamente vedrà chi considererà lo Esaia, che mentre legge si
conosce la maninconia che rende in sé lo studio et il desiderio nella
novità del leggere, perché affisato lo sguardo a un libro, con una
mano alla testa mostra come l'uomo sta qualche volta quando egli
studia. Similmente il Daniel immoto alza la testa alle contemplazioni
celesti, per isnodare i dubbi a' suoi popoli. Sono, nel mezzo di questi,
due putti che tengono l'arme del cardinale, con bella foggia di scudo,
i quali oltre l'esser dipinti che paion di carne, mostrano ancor esser di
rilievo. Sono sotto spartite nella volta quattro storie, dividendole la
crocera, cioè gli spigoli delle volte. Nella prima è la concezzione di
essa Nostra Donna; nella seconda è la natività sua; nella terza è
quando ella saglie i gradi del tempio; e nella quarta quando San
Giuseppo la sposa. In una faccia, quanto tiene l'arco della volta, è la
sua visitazione, nella quale sono molte belle figure, e massimamente
alcune che son salite in su certi basamenti; che, per veder meglio le
cerimonie di quelle donne, stanno con prontezza molto naturale;
oltraché i casamenti e l'altre figure hanno del buono e del bello in
ogni loro atto. Non seguitò più giù, venendoli male; e guarito
cominciò, l'anno 1523, la peste, la quale fu di sì fatta sorte in Roma,
che se egli volle campar la vita, gli convenne far proposito partirsi.
Era in questo tempo in detta città il Piloto orefice, amicissimo e molto
familiare di Perino, il quale aveva volontà partirsi; e così desinando
una mattina insieme, persuase Perino ad allontanarsi e venire a