Page 1237 - Giorgio Vasari
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Cristo  morto.  Ma  quel  che  egli  fece  divinissimamente  furono  i  duoi

               ladroni, rimasti confitti in sulla croce, che sono oltra al parer morti e
               veri, molto ben ricerchi di muscoli e di nervi, avendo egli occasione di
               farlo, onde si rappresentano, a gl'occhi di chi li vede, le membra loro
               in quella morte violenta tirate dai nervi et i muscoli da' chiovi e dalle

               corde.  Èvvi  oltre  ciò  un  paese  nelle  tenebre,  contrafatto  con  molta
               discrezione et arte. E se a questa opera non avesse la inondazione
               del  diluvio  che  venne  a  Roma  doppo  il  Sacco  fatto  dispiacere

               coprendola  più  di  mezza,  si  vedrebbe  la  sua  bontà,  ma  l'acqua
               rintenerì di maniera il gesso e fece gonfiare il legname di sorte, che
               tanto quanto se ne bagnò da piè si è scortecciato in modo che se ne
               gode poco, anzi fa compassione il guardalla e grandissimo dispiacere,
               perché ella sarebbe certo de le pregiate cose che avesse Roma.

               Facevasi  in  questo  tempo  per  ordine  di  Iacopo  Sansovino  rifar  la

               chiesa di S. Marcello di Roma, convento de' frati de' Servi, che oggi è
               rimasa  imperfetta;  onde,  avendo  eglino  tirate  a  fine  di  muraglia
               alcune  cappelle  e  coperte  di  sopra,  ordinaron  que'  frati  che  Perino
               facesse  in  una  di  quelle  per  ornamento  d'una  Nostra  Donna,

               devozione  in  quella  chiesa,  due  figure  in  due  nicchie  che  la
               mettessino in mezzo: San Giuseppo e San Filippo, frate de' Servi et
               autore di quella Religione. E quelli finiti, fece loro sopra alcuni putti
               perfettissimamente, e ne messe in mezzo della facciata uno ritto in

               sur  un  dado  che  tiene  sulle  spalle  il  fine  di  due  festoni  che  esso
               manda  verso  le  cantonate  della  cappella,  dove  sono  due  altri  putti
               che gli reggono a sedere in su quelli, facendo con le gambe attitudini
               bellissime. E questo lavorò con tant'arte, con tanta grazia, con tanta

               bella  maniera,  dandoli  nel  colorito  una  tinta  di  carne  e  fresca  e
               morbida, che si può dire che sia carne vera, più che dipinta. E certo si
               possono  tenere  per  i  più  begli  che  in  fresco  facesse  mai  artefice
               nessuno;  la  cagione  è  che  nel  guardo  vivono,  nell'attitudine  si

               muovono, e ti fan segno con la bocca voler isnodar la parola, e che
               l'arte vince la natura, anzi che ella confessa non potere far in quella
               più di questo. Fu questo lavoro di tanta bontà nel conspetto di chi
               intendeva l'arte, che ne acquistò gran nome, ancora che egli avesse

               fatto molte opere e si sapesse certo quello che si sapeva del grande
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