Page 1217 - Giorgio Vasari
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Andatosene  dunque  a  Roma,  Agostino  lo  mise  in  opera  e  la  prima
               cosa che gli facesse fare furono gl'archetti che sono in su la loggia, la
               quale  risponde  in  sul  giardino  dove  Baldassarre  Sanese  aveva,  nel
               palazzo  d'Agostino  in  Trastevere,  tutta  la  volta  dipinta;  nei  quali
               archetti  Sebastiano  fece  alcune  poesie  di  quella  maniera  ch'aveva

               recato da Vinegia, molto disforme da quella che usavano in Roma i
               valenti pittori di que' tempi.

               Dopo quest'opera, avendo Raffaello fatto in quel medesimo luogo una
               storia di Galatea, vi fece Bastiano, come volle Agostino, un Polifemo
               in  fresco  allato  a  quella,  nel  quale,  comunche  gli  riuscisse,  cercò

               d'avanzarsi più che poteva, spronato dalla concorrenza di Baldassarre
               Sanese e poi di Raffaello. Colorì similmente alcune cose a olio, delle
               quali  fu  tenuto,  per  aver  egli  da  Giorgione  imparato  un  modo  di
               colorire  assai  morbido,  in  Roma  grandissimo  conto.  Mentre  che

               lavorava  costui  queste  cose  in  Roma,  era  venuto  in  tanto  credito
               Raffaello  da  Urbino  nella  pittura  che  gl'amici  et  aderenti  suoi
               dicevano che le pitture di lui erano, secondo l'ordine della pittura, più
               che  quelle  di  Michelagnolo,  vaghe  di  colorito,  belle  d'invenzioni  e

               d'arie  più  vezzose  e  di  corrispondente  disegno,  e  che  quelle  del
               Buonarroti non avevano dal disegno in fuori niuna di queste parti. E
               per  queste  cagioni  giudicavano  questi  cotali  Raffaello  essere  nella
               pittura,  se  non  più  eccellente  di  lui,  almeno  pari,  ma  nel  colorito

               volevano che ad ogni modo lo passasse. Questi umori, seminati per
               molti  artefici  che  più  aderivano  alla  grazia  di  Raffaello  che  alla
               profondità di Michelagnolo, erano divenuti, per diversi interessi, più
               favorevoli nel giudizio a Raffaello che a Michelagnolo. Ma non già era

               de' seguaci di costoro Sebastiano perché, essendo di squisito giudizio,
               conosceva a punto il valore di ciascuno.

               Destatosi  dunque  l'animo  di  Michelagnolo  verso  Sebastiano,  perché
               molto gli piaceva il colorito e la grazia di lui, lo prese in protezzione,
               pensando  che  se  egli  usasse  l'aiuto  del  disegno  in  Sebastiano,  si
               potrebbe con questo mezzo, senza che egli operasse, battere coloro

               che avevano sì fatta openione, et egli sotto ombra di terzo giudicare
               quale  di  loro  fusse  meglio.  Stando  le  cose  in  questi  termini  et
               essendo molto, anzi in infinito, inalzate e lodate alcune cose che fece
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